Caratteristiche umane e apprendimento scolastico

Il seminale (ma non abbastanza) volume di Benjamin Bloom per citazioni

Adri Allora
23 min readJun 20, 2023

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Un numero esageratamente alto di citazioni

Di solito leggo i libri e ne scrivo con parole diverse, ma in questo caso ho preferito invece trascrivere tutti i passaggi salienti di un testo (pur)troppo ignorato da docenti e legislatorɛ. Al contrario di quel che è uso comune fare, metterò le mie note qui in forma di citazione: dipende, è chiaro, solo da una questione di proporzioni: preferisco evidenziare quel che è inessenziale per non intralciare la lettura di quel che è interessante.

Ho tolto tutti i riferimenti bibliografici (è un testo molto documentato) e molta, moltissima roba (per esempio tutto dal sesto capitolo in poi), perché non vorrei dare l’idea che sia possibile bypassare il testo originale con una raccolta di citazioni, ma ho lasciato i punti salienti per rintracciare il filo del discorso e mostrare quanto “Caratteristiche umane e apprendimento scolastico” sia interessante.

Sbrigate le premesse… prontǝ? Via!

No, aspetta: Bloom verga queste parole nel 1976 (la mia è una stampa per i tipi di Armando Editore del 2006), ci troverai maschili sovraestesi come se non ci fosse un domani (e neanche un oggi). Non ho normalizzato, abbi pazienza.

1. Differenze individuali nell’apprendimento e nei soggetti che apprendono

[…] se gli studenti sono normalmente distribuiti rispetto all’attitudine per qualche disciplina e si dà loro esattamente la stessa istruzione […] anche il profitto, misurato al termine dell’apprendimento di tale disciplina, risulterà distribuito normalmente. […] Viceversa, se gli studenti sono distribuiti normalmente rispetto all’attitudine, ma il tipo e la qualità dell’istruzione, nonché il tempo di apprendimento concesso, vengono adeguati alle caratteristiche e ai bisogni di ciascun soggetto che apprende, la maggioranza degli studenti conseguirà la padronanza della materia.

Una distribuzione normale dei risultati dell’apprendimento non è veramente desiderabile, perché si realizza nel famoso detto: “la scuola serve a chi non ne ha bisogno”.

[…] Abbiamo […] scoperto che era molto più utile apprestare brevi test progressivi a scopo diagnostico, destinati a individuare che cosa ogni studente avesse preso in una particolare unità. […] Tuttavia la chiave del successo delle strategie di Mastery Learning risiede in gran parte nella possibilità di motivare gli studenti e di aiutarli a superare le difficoltà di apprendimento al momento giusto.

[…] Ciò che qualunque essere umano è in grado di apprendere, può essere a cui acquisito da quasi tutti gli individui, se dispongono di condizioni di apprendimento adeguate, sia antecedenti che attuali.

[…] In questo processo di istruzione scolastica, si tende a classificare gli studenti secondo livelli di età e di classe, presumendo che si adattino a tali livelli sia i contenuti da prendere sia i modi con cui questi si apprendono.

[…] Ad ogni grado di scuola si usano misure di acquisizione che definiscono la situazione dello studente e forniscono informazioni, sulla base delle quali si decide in merito all’opportunità di apprendimento cui provvederai nei successivi gradi.

[…] Studi che hanno impiegato metodi di ricerca longitudinali mettono in luce che le differenze riscontrate tra gli studenti nel profitto misurato in una determinata classe, non scompaiono a livello della successiva.

[…] Gli sforzi fatti per insegnare un bambino possono avere un buon esito o risultare inutili: in entrambi i casi si da un giudizio sul soggetto e soltanto raramente sulla sua preparazione precedente o sull’insegnamento.

In questa prima sezione Bloom dispone le pietre angolari del suo discorso: l’inefficacia di un sistema standardizzato a tutti i costi (i “livelli di età e di classe”) e una valutazione che veda oltre la performance anche i pregressi, la motivazione e i metodi di insegnamento.

Una teoria dell’apprendimento scolastico

Se si potesse disporre di un sistema di istruzione praticamente privo di errori, o che almeno ne presentasse un numero significativamente ridotto, presumiamo che si otterrebbe per la maggioranza degli allievi un alto livello di apprendimento, con una variazione relativamente piccola nei livelli di acquisizione ed una oscillazione minima nel tempo necessario per apprendere.

[…] Abbiamo scelto tre variabili interdipendenti che adeguatamente prese in considerazione dovrebbero mettere le scuole in condizioni di approssimarsi ad un sistema educativo “libero da errori”. Le tre variabili interdipendenti, essenziali in questa teoria sono:

  1. il grado di acquisizione da parte dello studente dei prerequisiti fondamentali per l’apprendimento da conseguire;
  2. il grado di motivazione ad impegnarsi nel processo di apprendimento, esistente (o provocato) nell’allievo;
  3. il grado di adattamento dell’istruzione al soggetto che apprende.

Prerequisiti (qui chiamati anche “comportamenti cognitivi in ingresso”), motivazione e metodo, ecco i capisaldi del Mastery Learning.

Due assunzioni fondamentali

Alla base di questo lavoro vi è l’assunzione che la storia del soggetto si trovi al centro del problema dell’apprendimento scolastico.

[…] La seconda assunzione che sta alla base di questa teoria riguarda la possibilità di modificazione delle caratteristiche di ingresso dell’individuo (apprendimento prerequisito e motivazione ad apprendere), dell’insegnamento (qualità dell’istruzione) o di tutte e due le variabili.

[…] Noi tenteremo di fornire le prove che certe caratteristiche generalizzate del soggetto, come l’intelligenza e l’attitudine, sono molto resistenti alla modificazione, mentre caratteristiche come i prerequisiti specifici e la motivazione per un particolare compito di apprendimento sono ampiamente modificabili, in molti momenti della storia di un soggetto.

Riepilogo

[…] L’apprendimento attuato in famiglia e nella scuola è un processo colmo di errori. Un sistema educativo ad errore minimo, invece, porrebbe quasi tutti gli studenti in grado di apprendere con efficacia e con piacere. Il livello di acquisizione, le differenze individuali nell’apprendere, la variazione nella soddisfazione provata dello studente nei confronti dell’apprendimento e di se stesso come allievo sono indicatori utili di quanto il processo di istruzione scolastica si avvicini ad un simile sistema ad errori minimo.

[…] Le società del passato facevano largo affidamento sulla previsione e la selezione dei talenti, come mezzo per assicurarsi un gruppo ristretto di persone “beneducata”. Le società moderne insistono sul sullo sviluppo di un grandissimo numero di persone del genere e tentano di arrivarci attraverso pressioni sociali e legislative che impongono all’individuo di frequentare la scuola per un minimo di dieci-dodici anni.

Una società che attribuisce tanto valore all’istruzione scolastica […] deve trovare il modo di rendere l’istruzione più interessante e significativa per il singolo soggetto che apprende. Le società moderne non possono accontentarsi a lungo della selezione dei talenti, devono trovare i mezzi per riuscire a sviluppare i talenti.

1. Una unità di apprendimento

La storia del soggetto che apprende

[…] Al termine di ogni anno scolastico si può cercare di capire che cosa sia stato appreso dallo studente […] questo può essere fatto ripetutamente per rendersi conto della storia di apprendimento di un allievo durante i 10–16 anni di frequenza scolastica.

[…] A noi, invece, interessa il modo in cui la storia del soggetto può essere presa in considerazione nel processo di interazione che ha luogo giorno per giorno nella scuola.

Ricerca di una unità di analisi

[…] Anche considerando l’apprendimento scolastico limitatamente ad un semestre o ad un anno, è difficile specificare con precisione che cosa determini le variazioni nel rendimento (cognitivo e affettivo) degli studenti.

Si usa dividere l’insegnamento in materie, in trimestri in classi, ma unità del genere sono tanto ampie e complesse che risulta difficile analizzarle […]

Abbiamo quindi cercato una unità di apprendimento scolastico più maneggevole e analizzabile. […] Una simile unità deve avere un’esistenza indipendente (o semi indipendente), mentre deve essere abbastanza ampia da comprendere elementi o parti che formano un tutto separabile, una Gestalt.

Possibilità e limitazioni

[…] Ciò che noi stiamo cercando, allora, è una unità di apprendimento che possa essere messa in rapporto con l’apprendimento collettivo e individuale, con situazioni di istruzione e centrate sulla materia e organizzate in classi o con altre meno formali di scuole senza classi, e che possa anche riflettere lo stile e le caratteristiche dei materiali e dell’insegnante.

[…] L’unità che ci sembra più adatta ai nostri scopi è il compito di apprendimento, comprendente ciò che usualmente viene considerato come tale: l’unità di apprendimento in un corso, il capitolo di un libro, un argomento di un programma.

[…] Uno o più compiti di apprendimento, infine, possono includere sia obiettivi educativi di tipo cognitivo piuttosto complessi, come l’analisi o l’applicazione, sia obiettivi meno complessi, come la conoscenza o la comprensione.

Anche questa definizione è centrale perché per arrivare a un sistema di feedback e a un monitoraggio degli apprendimenti in itinere la capacità di isolare i compiti di apprendimento è non solo una base di analisi, quanto un punto di partenza operativo (che dovrebbe prescindere dalla struttura dei libri di testo, troppo spesso conservativi e incapaci di o impossibilitati a ragionare al di fuori di tradizioni e canoni).

Caratteristiche di un compito di apprendimento

Nelle ricerche […] si è visto che i due giudici indipendenti ed esperti della materia, con un minimo di addestramento, possono identificare gli elementi che devono essere appresi in un compito, raggiungendo un accordo superiore al 90%.

[…] Quindi è un compito di apprendimento cognitivo, come presentato dei materiali didattici, può essere analizzato con considerevole obiettività da giudici competenti.

[…] Si è ipotizzato che quegli elementi per i quali è necessario poco più che un apprendimento a livello di conoscenza siano per gli studenti più facili da imparare di quelli che richiedono comprensione; i tipi di apprendimento più difficoltosi sarebbero quelli implicanti applicazione ed analisi.

Di questi quattro gradi di complessità (conoscenza, comprensione, applicazione e analisi), Bloom non parla più, in questo libro. Ma ci sarebbe molto da dire…

[…] Gli esperti della materia avevano convenuto concordemente che certi elementi del compito non potevano essere capiti appresi, se lo studente non avesse già padroneggiati altri.

[…] Dobbiamo notare che non tutti i compiti di apprendimento hanno gli elementi in ordine gerarchico. Vi sono parecchi compiti nei quali una gran quantità di elementi è priva di connessioni e viene messa in rapporto soltanto tramite strutture o espedienti di memorizzazione […]

Abbiamo visto compiti di apprendimento in cui il carico di termini e di definizioni da ricordare insolitamente grosso. In un singolo capitolo di testi scolastici molto usati, abbiamo trovato che erano state introdotte e definite da 100 a 150 parole nuove. […] abbiamo constatato che per l’80% i termini venivano usati solo nella pagina in cui si introducevano, e mai più per tutta la durata del corso. È improbabile che gli studenti ricordino a lungo simili termini e ci si può chiedere che valore abbia il gravarli di una terminologia che nemmeno l’autore del testo considera utile.

Qui il primo giudizio sui libri.

Relazioni tra compiti di apprendimento

[…] Quando analizziamo i compiti di apprendimento di determinati corsi o materie, ritroviamo organizzati in varie maniere. Per alcuni corsi, ci risulta che i compiti vengono insegnati e appresi secondo un ordine particolare, che non è affatto richiesto da ciò che deve essere imparato.

[…] L’esperienza fatta con i primi compiti può influenzare la sua disposizione affettiva nei confronti dell’intera serie. Ma questo apprendimento dei primi compiti non facilita, né ostacola quello dei successivi almeno dal punto di vista del comportamento cognitivo di ingresso […]

Abbiamo anche trovato materie corsi in cui ogni compito era sequenzialmente collegato agli altri della serie. […] In questo caso la struttura cognitiva della sequenza rende ogni compito della serie necessario (ma non sufficiente) per l’apprendimento di quelli ulteriori.

[…] Anche in questo caso, la percezione che lo studente alla sua capacità di apprendere ciascun compito influenzerà la sua motivazione (nonché il suo sforzo, o perseveranza) per il successivo compito della serie.

[…] Per quanto bravo possa essere un docente nell’insegnare ad un gruppo, vi saranno senz’altro grandi variazioni nell’apprendimento individuale. Soltanto se l’insegnante riuscirà ad avere un feedback che lo informi delle difficoltà incontrate dai singoli studenti con particolari aspetti del compito, e ogni allievo lo otterrà per le specifiche difficoltà che ha dovuto affrontare, si eviterà che entrambi si imbattano nel problema di non riuscire a capire, da un compito all’altro, se l’apprendimento è avvenuto.

[…] Non intendiamo addentrarci quindi la descrizione delle diverse strategie che possono offrire ai singoli allievi sia il feedback, sia i correttivi, ma è probabile che quelle efficaci per alcuni soggetti siano diverse da quelle che possono esserlo per altri.

3. I comportamenti cognitivi d’ingresso

Introduzione

In ogni nuovo compito, l’allievo porta con sé una storia personale di sviluppo e apprendimento. […] Abbiamo denominato “comportamenti cognitivi d’ingresso” le acquisizioni prerequisite per uno specifico compito; ci proponiamo ora di definire e descrivere questi comportamenti, mostrando anche i loro effetti sulla suddetta interazione e sul profitto dello studente.

[…] Quando si pensa all’apprendimento scolastico in termini di attività specifiche, è difficile concepire un qualunque compito che sia al di sopra delle possibilità della maggior parte degli individui che desiderano impararlo, quando essi siano stati adeguatamente preparati allo scopo.

[…] Eppure di solito si osserva che gli studenti mostrano una considerevole variazione nel profitto, in quasi tutti i compiti. Oppure si constata che, quando si aiutano gli allievi di una classe raggiungere il livello del criterio di padronanza in un compito, per alcuni è necessaria una maggiore quantità di tempo e di aiuto per riuscirvi.

[…] La variazione del rendimento in un particolare compito potrebbe essere spiegata sulla base della motivazione individuale e della qualità dell’istruzione, ma in questo capitolo ci preoccuperemo essenzialmente di stabilire fino a che punto essa possa essere invece attribuita alle differenze nel possesso dei prerequisiti.

[…] In termini di variabili misurabili, noi ipotizziamo che gran parte delle differenze di apprendimento in qualunque compito possa essere attribuita la variazione esistente nelle conoscenze e abilità ad esso connesse […] misurata all’inizio del compito stesso.

[…] Vi è un’alta correlazione tra la variazione del profitto degli studenti alla fine dell’anno […] e quella rilevata in materie scolastiche connesse prima dell’inizio […]

Apprendimento prerequisito e sua disponibilità

Se tutti gli allievi fossero privi dei prerequisiti necessari per un compito, in teoria essi dovrebbero essere impossibilitati ad apprenderlo adeguatamente (a livello del criterio). Ossia, se si stabiliscono dei prerequisiti che sono realmente tali, né lo sforzo, né la persuasione, né i premi, né una buona qualità dell’istruzione porranno gli studenti che ne sono privi in condizioni di apprendere adeguatamente.

Questo passaggio quasi mi commuove, perché lɛ docenti (moltɛ di quellɛ con lɛ quali mi è capitato di parlare nel corso degli anni) sembrano spesso ignorare questo fatto e considerare soltanto la performance e le sue cause immediate (“non ha voglia…”), immaginando che affibbiare un due, o una nota, possa migliorare la resa dellɛ discenti. Un po’ come la mia prima docente di storia dell’arte al ginnasio, che mi chiese quante colonne c’erano sui lati del Partenone e che alla mia risposta “non lo so”, replicò: “Guarda che se non me lo dici ti dò tre”. Ecco, non lo sapevo, non l’ho saputo neanche quando mi ha messo tre.

[…] Se invece tutti gli studenti sono in possesso dei necessari prerequisiti per un nuovo compito, è possibile che tutti lo apprendano se sono motivati a farlo e se la qualità dell’istruzione è adatta ai loro bisogni.

[…] Tutti gli studenti possono aver avuto l’opportunità di acquisire i comportamenti prerequisiti ed è anche probabile che li abbiano appresi; il punto critico però e la loro disponibilità nel momento in cui servono per il nuovo compito.

Studi di macro livello sui comportamenti cognitivi d’ingresso

[…] i punteggi di rendimento in ciascuna classe sono fortemente influenzati dalle misure precedenti, specialmente nel caso di anni scolastici consecutivi.

[…] Alla base di questo capitolo vi è dunque l’assunzione che se tutti gli studenti iniziassero un corso con un livello equivalente di apprendimenti preliminari, la loro variazione per quanto riguarda il conseguimento degli obiettivi e l’apprendimento dei contenuti si ridurrebbe considerevolmente. Una seconda assunzione riguarda la possibilità di modificare ampiamente le caratteristiche cognitive di ingresso nei diversi momenti della carriera scolastica dei singoli allievi, quando si organizzano condizioni di apprendimento adatte.

Misure d’ingresso generalizzate

Un gruppo di comportamenti cognitivi d’ingresso generalizzati senza dubbio comprende gli apprendimenti di tipo verbale e, in particolare, la comprensione della lettura.

[…] Nella tav. 3.3 abbiamo incluso alcune delle correlazioni riscontrate tra la comprensione della lettura e varie materie. Si può notare che, con materie più dipendenti della lettura, come la letteratura, la correlazione di circa +.70, mentre più bassa nel confronto con i corsi di matematica e di scienze. I valori sono generalmente più alti nelle prime classi […]

Meno elevata è la correlazione tra misure di profitto in scienze e letteratura. È importante notare che quando si mantiene costante la lettura […] il coefficiente scende praticamente a zero. A quanto pare, allora, il più importante elemento che le due materie hanno in comune è la necessità di una buona comprensione della lettura; quando questa è mantenuta costante, le due materie risultano statisticamente indipendenti fra loro.

[…] Si possono ipotizzare altri comportamenti di ingresso generalizzati, come procedimenti di ragionamento logico, lo sviluppo del linguaggio, di saper scrivere.

[…] La nostra definizione dei comportamenti cognitivi d’ingresso è circoscritta i tipi di apprendimento che interessano determinate materie scolastiche, ma possono esserci molte altre specie di prerequisiti generalizzati appresi a scuola, che hanno sul profitto un effetto analogo. Si potrebbe pensare le capacità di prestare attenzione di applicarsi allo studio, al saper usare la biblioteca, alla gestione del proprio tempo, all’utilizzazione di risorse di apprendimento extrascolastiche e molte altre abilità che agevolano l’apprendimento stesso. […]

Misure di intelligenza generale

[…] l’intelligenza generale è stata considerata un comportamento cognitivo di ingresso universale, necessario per gran parte dell’apprendimento scolastico, a tutti livelli di scuola.

[…] Di regola, i test di intelligenza generale presentano un coefficiente di correlazione di circa +.50 (+10) con il profitto in vari corsi e materie.[…] I comportamenti di ingresso, invece, correlano con il profitto (e l’apprendimento) in varie materie intorno a +.70.

[…] Mentre hanno soltanto un valore limitato ai fini predittivi o selettivi […] le misure di intelligenza generale pongono un problema importante per la scuola, data la loro relativa stabilità, all’incirca dopo 10 anni di età. Riteniamo che si possa fare molto per modificare l’intelligenza generale negli anni prescolastici, mentre si sa poco sulle possibilità di riuscirci nel periodo scolastico.

[…] Insegnare però non vuol dire soltanto predire che certi bambini prenderanno più di altri. Se è nostro interesse primario aiutare gli allievi ad apprendere, è necessario fare delle diagnosi e offrire trattamenti (educativi), affinché acquisiscano i comportamenti di ingresso specifici, necessari per un particolare gruppo di compiti.

Studi di micro livello sui comportamenti cognitivi d’ingresso

[…] In alcuni piccoli studi sperimentali, effettuati presso l’Università di Chicago, e aventi per oggetto la scuola, è stata fatta una comparazione tra una strategia di Mastery Learning e metodi più convenzionali di insegnamento di una materia.

[…] Per la classe “Mastery” (gruppo sperimentale) era stata predisposta, come tipico del metodo, una serie di procedure correttive, da utilizzarsi dopo la somministrazione del test formativo. Al termine del lavoro di recupero, lo studente si sottoponeva ad un altro test formativo, parallelo al precedente.

[…] Dalla tavola 3.5 si possono trarre alcune conclusioni. Anzitutto si nota che il rendimento dei singoli compiti è modificabile tramite l’impiego di procedure di feedback e di correzione che migliorino l’apprendimento degli studenti. Poi, gli effetti del profitto di ogni compito (modificato non) mostrano di influire sia sul livello che sulla variazione delle misure complessive al termine dell’intera serie. Infine, in condizioni di Mastery Learning come nella classe con insegnamento convenzionale, il profitto nel singolo compito risulta determinante per il risultati del successivo e della prova finale. Quando si correggono le deficienze per tutti gli studenti e tutti raggiungono il livello del criterio per i comportamenti di ingresso, l’effetto di questi ultimi può ridursi virtualmente a zero.

Approcci alternativi in assenza dei comportamenti cognitivi d’ingresso

[…] Ad ogni modo non c’è dubbio che l’importanza attribuita dalle scuole di tutto il mondo ai testi scolastici ha troppo spesso ridotto ogni materia ha delle letture su di essi.

Riepilogo

[…] In questo capitolo è stato anche dimostrato che gli studenti vengono di fatto classificati e giudicati in massima parte non su ciò che apprendono all’interno di un dato corso o periodo di scuola, bensì per i comportamenti di ingresso ad esso connessi, di cui dispongono antecedentemente all’inizio del corso stesso.

In questo passaggio lo stimolo è a considerare il percorso di apprendimento come un percorso e non come una successione di istantanee connesse causalmente.

4. Le caratteristiche affettive di ingresso

Introduzione

Se si osserva un gruppo di studenti quando comincia lavorare con una particolare unità di apprendimento, ossia con un compito, si notano differenze considerevoli nel modo di affrontarla, ancor prima che siano date istruzioni in merito.

[…] Al nostro modo di vedere, quando l’allievo inizia un nuovo compito di apprendimento, percepisce l’intera situazione come se una parte della sua storia avesse un qualche collegamento con quel compito; le caratteristiche affettive iniziale ad esso connesse vengono di conseguenza determinate da tale storia e dalle aspettative dello studente.

[…] Ci rischieremmo anche ad affermare che, al termine di un compito di apprendimento, le caratteristiche presenti diventino variabili in entrata per il successivo […]

Cerchiamo quindi di distinguere tra le caratteristiche effettive di un soggetto all’inizio di un determinato compito di apprendimento e quelle del momento in cui lo lascia […] In entrambi i casi, peraltro, non si tratta della storia reale dell’alunno, quanto piuttosto del modo in cui egli l’ha percepita e di come mette in relazione questa sua percezione con il compito da apprendere.

Studi di macro livello sulle caratteristiche affettive d’ingresso

[…] Siamo quindi del parere che la disposizione affettiva dell’allievo verso una materia venga decisa dalla percezione che egli ha della propria storia passata (relativamente i compiti che crede correlati) e del rapporto tra il compito attuale i suoi obiettivi e propositi. […] può trattarsi di fenomeni che vanno da percezioni molto esplicite e di cui l’individuo è ben consapevole a sentimenti quasi inconsci e ad una tendenza affettiva solo debolmente percepita o sentita.

[…] La disposizione affettiva nei confronti di una materia, secondo la nostra definizione, è diretta in particolare verso una serie di compiti di apprendimento che, in qualche modo, si collegano con la situazione reale dello studente o con la percezione che questi ne ha.

[…] non è soltanto la proporzione tra riuscita e fallimento reali che influenza l’atteggiamento, bensì anche la percezione e il background del soggetto.

[…] Le correlazioni tra tendenze affettive verso la scuola e rendimento misurato con i test di profitto per varie materie sono relativamente basse per le classi elementari, ma risultano più elevate ai livelli della scuola secondaria, inferiore superiore.

[…] l’atteggiamento verso la scuola, in adeguate condizioni di campionamento e di misurazione, può spiegare un 20% della variazione del profitto. Resta da vedere se la ricerca futura suffragherà questa generalizzazione.

[…] Nel corso della nostra trattazione, abbiamo sostenuto che è uno schema fisso di successi approvazioni o di fallimenti disapprovazioni, qualora si ripeta per un elevato numero di compiti di apprendimento e per un periodo di tempo abbastanza lungo, porta ad un atteggiamento generalizzato verso la scuola e l’apprendimento. Questo questo stesso schema, se si ripete per anni, porta lo studente a formulare delle generalizzazioni nei confronti di se stesso, in quanto soggetto che apprende.

[…] la correlazione tra concetto di sé scolastico riferito ad una materia specifica (matematica, scienze) e profitto nella stessa è meno elevata di quella riscontrata tra un concetto di se è scolastico più generale e misure di rendimento complessivo.

1976. E parla di motivazione in questi termini (cosa che ancora adesso moltɛ non sono in grado di fare, così vincolatɛ dalla loro idea gentiliana, o più antica ancora, di insegnamento)…

[…] Il contrasto tra i valori relativi ai primi anni di scuola e quelli degli anni successivi dimostra che vi è un effetto cumulativo del profitto sul concetto di sé scolastico e conferma il nostro punto di vista sul modo in cui la storia dello studente influenza le sue caratteristiche di ingresso.

[…] Il concetto di sé scolastico è dunque chiaramente influenzato dal numero di anni in cui lo studente è stato giudicato ed ha avuto voti dalla scuola […]

Nei paragrafi precedenti abbiamo preso in considerazione le caratteristiche affettive d’ingresso riducendole a dimensioni singole ed eseminandole separatamente. La disposizione affettiva per una materia è la più circoscritta, gli atteggiamenti verso la scuola sono più estesi mentre quelli verso se stessi sembrano essere la caratteristica più generale. […] Crediamo che esse possono essere separabili nei primi anni di scuola, ma gradualmente costituiscono un sistema altamente interrelato […]

Riepilogo e implicazioni

[…] Anche se le caratteristiche affettive d’ingresso possono diventare molto resistenti al cambiamento, […] vi sono mezzi che possono risultare efficaci nell’indurre lo studente a dedicare maggiori sforzi ad un nuovo compito. Se si riescono a porre l’allievo in grado di giudicarsi abbastanza bravo in quel compito è probabile che gli dedichi una quantità di energia pari o maggiore al successivo compito, secondo lui collegato al precedente.

Ovviamente qui m’immagino certe persone (me le figuro proprio, come se le avessi di fronte a me) che obiettano “ah, be’, facciamo tutto facile e regaliamo gli otto, così li motiviamo”. Ma Bloom non dice questo, ne parla dopo, a proposito della qualità dell’istruzione.

[…] Certi individui riescono ad imparare nonostante le loro caratteristiche affettive negative; altri non apprendono affatto, se non dispongono dei comportamenti cognitivi d’ingresso essenziali, pur disponendo di caratteristiche affettive positive. A nostro avviso, quando queste ultime si combinano con comportamenti prerequisiti appropriati l’allievo è in grado di apprendere anche con una qualità di istruzione non del tutto ottimale.

[…] Condizioni scolastiche favorevoli possono mettere la maggior parte degli studenti in grado di apprendere con buoni risultati e di trarre soddisfazione dal loro profitto.

5. La qualità dell’istruzione

[…] Nel terzo nel quarto capitolo abbiamo rilevato che i comportamenti cognitivi d’ingresso possono spiegare circa il 50% della variazione del profitto, mentre le caratteristiche affettive ne spiegano all’incirca il 25%. Nel settimo capitolo vedremo che, insieme, i due tipi di caratteristiche iniziali possono rendere conto del 60% circa della variazione del rendimento in una nuova serie di compiti. La qualità dell’istruzione può difficilmente annullare l’effetto della mancanza dei prerequisiti cognitivi […]

In altri termini, mancando dei prerequisiti necessari per un determinato compito, sarebbe impossibile per lo studente padroneggiarlo, per buona che sia la qualità dell’istruzione.

[…] Se d’altra parte il compito può essere modificato, nel senso che si presenta in forme diverse, ciascuna delle quali richiede comportamenti di ingresso differenti, può darsi che uno studente privo dei prerequisiti per una determinata versione disponga di quelli necessari per un’altra; utilizzandola, quindi, può riuscire a prendere il compito.

Ecco allora che la qualità dell’istruzione è la risultante della capacità dell’istruttorǝ di modificare o articolare l’oggetto dell’istruzione in modo da far conseguire un successo di apprendimento a chi deve essere istruitǝ.

Risultati di ricerca sulle caratteristiche degli insegnanti, delle classi e delle scuole

[…] Sono state fatte ricerche in merito alle caratteristiche della classe della scuola, intendendo con ciò variabili come il numero degli allievi, le attrezzature e i mezzi di facilitazione dell’apprendimento disponibili, i fondi spesi per gli studenti e per l’organizzazione amministrazione della scuola.

[…] Attualmente quindi non disponiamo di dati che ci consentano di sostenere che le suddette caratteristiche dell’insegnante, della classe o della scuola abbiano un grande effetto sul rendimento.

[…] Forse siamo diventati così pessimisti nei confronti degli effetti dell’istruzione perché abbiamo studiato e osservato perlopiù insegnanti che si mostravano a disagio nel cercare di insegnare a circa 30 bambini alla volta. In questo tipo di studi […], le osservazioni perlopiù riguardano il modo in cui l’insegnante gestisce soggetti che apprendono e non il modo in cui gestisce l’apprendimento.

L’assistenza tutoriale (tutoring)

Se si osserva un bravo tutor mentre insegna qualcosa ad un singolo studente, si può veramente centrare l’attenzione sulla gestione dell’apprendimento (management of learning) invece che sulla gestione di chi apprende (management of learners).

Per semplificarsi la vita, quasi mezzo secolo prima di Lemov e del suo “Teach like a Champion” (tradotto in italiano per i Quaderni della Ricerca di Loescher, consigliatissimo) che cerca buone pratiche in classe, Bloom le osserva nell’attività a due tutor-discente. E dice cose ovvie, eppure ignorate.

[…] Nel corso dell’apprendimento, il tutor avrà fatto eseguire realmente allo studente soste, spostamenti, posizioni di vario genere, fornendo via via suggerimenti per regolarli su un certo standard. Egli fa sì che lo studente si eserciti, cioè partecipa attivamente al processo.

[…] Il buon tutor sa che il grado di partecipazione o la quantità di esercizio sugli elementi di un apprendimento specifico variano da soggetto a soggetto.

[…] Osservando ancora il tutor, si nota che egli preferisce spesso brevi espressioni di incoraggiamento, generalmente quando lo studente fa qualcosa bene o quasi bene.

[…] Nei diversi momenti dell’apprendimento, il tutor controlla l’allievo per vedere che cosa ha realizzato, e decidere se e in che punto ha bisogno di correzione e di assistenza supplementare.

[…] Un insegnante le prese con un gruppo di allievi deve senz’altro trovare il modo di assicurarsene l’attenzione e di farsi che si concentri su particolari compiti di apprendimento. […] Questi però sono problemi di controllo degli allievi. Una teoria come quella che noi proponiamo non offre grande aiuto agli insegnanti per questo genere di problemi.

[…] Fin qui si è sottolineato il rapporto insegnante-allievi; la qualità dell’istruzione riguarda però anche i materiali di apprendimento, l’organizzazione dei contenuti e degli obiettivi di insegnamento, la disponibilità di tempo e di risorse per portare a compimento l’istruzione stessa.

Componenti della qualità dell’istruzione e studi di macro livello

Secondo la nostra definizione, la qualità dell’istruzione vista nei suoi elementi essenziali riguarda: i suggerimenti, cioè le istruzioni fornite il soggetto che apprende; la partecipazione di questi all’attività di apprendimento […]; il rinforzo che l’allievo si assicura in rapporto all’apprendimento. […] Si deve includere nella qualità dell’istruzione e anche il sistema di feedback e correzione.

Non so perché qui le chiami suggerimenti, ma sono spiegazioni.

I suggerimenti

Qualunque apprendimento implica degli elementi da apprendere e dei metodi per dare al soggetto che apprende dei suggerimenti sulla natura di questi elementi e su ciò che dovrà fare rispetto ad essi.

[…] I suggerimenti possono essere presentati in momenti diversi del processo di apprendimento e gli elementi dell’istruzione precedentemente numerati possono essere disposti in sequenze di vario genere.

Come si sono sforzati di fare prima la lezione segmentate e poi il WRW con me mini-lezioni.

[…] Nell’organizzare l’insegnamento e nell’elaborazione del curricolo, si è generalmente dedicata molta attenzione alla ricerca di quella che potesse essere la migliore forma per dare suggerimenti, specificare istruzioni, determinare la misura delle unità didattiche e la quantità di dettagli da presentare ad un gruppo di allievi. […] E poi la tecnologia dell’insegnamento generato, ancora più di recente, una notevole varietà di metodi e mezzi mediante i quali è possibile insegnare le stesse conoscenze o le stesse procedure.

Il rinforzo

La maggior parte delle teorie dell’apprendimento è concorde nell’affermare che l’apprendimento è efficace solo quando è accompagnato da rinforzo.

[…] Gli studi riguardanti diversi tipi di rinforzo e le condizioni della loro efficacia […] indicano chiaramente che questa è un’area in cui gli insegnanti necessitano di molto aiuto, specialmente quando cercano di fornire una buona qualità di istruzione agli allievi che provengono da ambienti socioculturali diversi.

La partecipazione

Per apprendere realmente, un allievo deve fare qualcosa in relazione ai suggerimenti che gli sono stati dati. La semplice presentazione di questi ultimi ad un allievo passivo non produce granché agli effetti dell’apprendimento.

Eppure durante i lock-down la lezione frontale è stata la soluzione più ovvia e frequente.

[…] Gli insegnanti elaborano strategie diverse per assicurarsi la partecipazione degli alunni […] sfortunatamente il poco tempo disponibile e altre limitazioni implicite nell’insegnamento rivolto ad un gruppo di allievi rendono difficile per l’insegnante assicurarsi che tutti partecipino attivamente, utilizzando gli stimoli di suggerimento in modo adatto.

La partecipazione dell’allievo, peraltro, può non essere completamente manifesta ed osservabile.[…] La partecipazione manifesta e probabilmente necessaria per l’apprendimento nei bambini; per gli allievi più grandi è molto efficace una partecipazione implicita, quando si riesce a garantirla.

[…] Gli studenti differiscono quanto il grado di partecipazione di cui necessitano per apprendere qualcosa. Alcuni studi sull’apprendimento condotti in laboratorio dimostrano che, per la memorizzazione di materiali semplici, certi individui hanno bisogno di ripetizioni di pratica molto più di altri. Dalle ricerche sul tempo e sull’esercizio necessario per l’acquisizione di materiale complesso, si evidenzia che la quantità di ripetizione, di pratiche di partecipazione all’attività di pre apprendimento per gli studenti che rappresentano il 10% più lento di un gruppo, e cinque o sei volte maggiore di quella utilizzata dalla dagli allievi del 10% più veloce.

In questo senso, strumenti adattivi di apprendimento ed esercizio sembrano l’unica soluzione percorribile, eppure.

[…] Si vanno accumulando dati che dimostrano come la quantità di partecipazione di esercizio richiesta per il raggiungimento di un determinato criterio di profitto possa diventare pressoché la stessa per gli studenti che intraprendono un compito di apprendimento disponendo dei necessari comportamenti cognitivi prerequisiti e di livelli analoghi di caratteristiche affettive.

Il feedback e le procedure correttive

[…] Nel caso dell’apprendimento in classe, invece, dove l’istruzione viene perlopiù impartita gruppi di alunni composti da una trentina di individui, anche se si fa un ottimo uso dei suggerimenti, dell’esercizio e del rinforzo, non se ne assicura una uguale efficacia per i singoli allievi.

[…] Si deve trovare il modo di determinare l’adeguatezza e l’attività dei suggerimenti, della partecipazione del rinforzo per ciascun allievo e di riuscire a modificarli o correggerli secondo i suoi bisogni […]

Comunque è evidente che nella serie di caratteristiche della qualità dell’istruzione, come noi l’abbiamo definita, una delle più potenti è la procedura di feedback/recupero. Essa infatti sembra spiegare la le maggiori differenze riscontrate nella distribuzione dei risultati di profitto delle classi mastery e non mastery.

[…] Nei paragrafi precedenti abbiamo trattato le quattro proprietà dell’istruzione come se fossero entità separate. Non si trovano ricerche che le abbiano considerato in combinazione tra di loro.

[…] Dal momento che, come abbiamo precisato precedentemente, consideriamo il livello di partecipazione dello studente un indice sia pure non raffinato della presenza di una buona stimolazione e di un buon rinforzo, possiamo prendere il 20% della variazione del rendimento come probabile limite inferiore degli effetti della qualità dell’istruzione. I risultati ottenuti con l’impiego del feedback delle procedure correttive indicano che il 25% di questa varianza costituisce una stima migliore di tali effetti dell’istruzione.

Riepilogo e implicazioni

[…] Si reputa che la qualità dell’istruzione, e in particolare l’uso o il non uso delle procedure di feedback/correzione, intervenga a determinare il grado in cui due gruppi di studenti posti a confronto apprendono molto o poco. Infatti, nei micro studi, gli allievi che l’inizio dell’istruzione ottenevano risultati analoghi pur essendo stati inseriti a caso in classi mastery e non mastery (con lo stesso insegnante), hanno mostrato un profitto sempre più differenziato, sia in ciascun compito che al test finale complessivo.

[…] Quando nei primi compiti di una serie le caratteristiche dell’istruzione fornita sono buone ottime, si può prevedere che la maggior parte degli studenti a prendere a con profitto anche i compiti seguenti, correlati i primi. Serie del genere possono andare avanti per anni, come avviene per la lettura, per la matematica e per altre materie, perciò siamo dell’opinione che una buona qualità dell’istruzione possa avere effetti potenti, specie se interviene all’inizio di una serie.

[…] Tuttavia, anche quando non si offre agli allievi un’istruzione con caratteristiche ideali all’inizio di una serie, sia un’alta probabilità che l’introduzione di una qualità di istruzione di alto livello negli stadi successivi possa modificare sia le caratteristiche affettive che i comportamenti cognitivi d’ingresso per i compiti seguenti.

[…] Sono le condizioni scolastiche a stabilire chi riuscirà ad apprendere; la qualità dell’istruzione e l’elemento che determina quanti allievi impareranno adeguatamente: pochi o molti.

E qui si conclude la mia raccolta di lacerti testuali, spero di averti fatto venir voglia di leggere questo libro (o questo autore) modernissimo!

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.