Di cosa parliamo quando parliamo di…
politicamente corretto, le basi.
Premessina
Ne ho già parlato, in termini più stringati, ma evidentemente ce n’è bisogno. Tanto, tanto bisogno.
Come per l’altra volta: se sei qui perché ti ci ho mandato, è perché hai scritto qualche cazzata online su un argomento che evidentemente non conosci: qui ci sono le basi.
Se sei qui e credevi o credi che sia diverso, non ne sai abbastanza.
Non si può più parlare di niente!
Come no? Certo! Per esempio puoi ancora parlare (male quanto vuoi) di maschi bianchi italiani cisgender etero senza disabilità maturi con un reddito o mantenuti che si riconoscono in uno dei partiti al governo.
Ah. Sei tu? E fa bua? Poverino!
Scherzi a parte, la regola è esattamente questa: puoi ignorare le necessità delle persone come te, quindi c’è un mucchio di roba di cui parlare (ammesso di avere il coraggio e l’intelligenza/l’arguzia sufficienti per farlo): siete la maggioranza!
Ah, certo, invece un finocchio può fare le battute sui finocchi!
Le fa già! E le fa anche sugli etero.
Gli etero invece gli mettono i bastoni tra le ruote quando vuole sposarsi, adottare figli, quando cerca lavoro, quando vorrebbe far parte di una squadra di calcetto. In qualche caso lo malmenano.
E poi fanno le battute e i memi “sui ricchioni”.
Perché non è mai abbastanza.
Questa è censura!
Ahi, ahi, hai, caschiamo male: la censura c’è quando un potere maggiore del tuo (per esempio un dittatore con polizia ed esercito compiacenti) ti impedisce di parlare. Ma se chi invoca il politicamente corretto (in varie forme da almeno trent’anni) avesse il potere di censurare, non avrei avuto bisogno di scrivere questo post.
Invece, guarda un po’, chi è che invoca il politicamente corretto? Chi il potete non ce l’ha. Un po’ come se una persona in carrozzina ti chiedesse di smetterla di prendere per il culo le persone disabili e tu ti lamentassi che ti sta censurando. Non è essere liberi dalla censura, è essere stronzi.
A me comunque tutto questo buonismo ha stancato, è ipocrita.
È significativo che parli di buonismo. Il buonismo (termine nato in ambito politico) si esercita nei confronti degli avversari e se tu identifichi come avversari le persone che subiscono discriminazioni sei un bell’esempio di pezzo di merda (ma non è un insulto: hey, stiamo scherzando!).
Se invece stai applicando un’interpretazione intuitiva del termine buonista e per buonismo intendi “l’essere buoni”, cioè se stai veramente dicendo che ti dà fastidio non maltrattare verbalmente le persone che già normalmente subiscono discriminazioni, allora forse non sei in grado di fare altro che questo.
“Maltrattere verbalmente”, minchia che esagerazioni: si scherza!
Scherza insultando tua madre e tuo padre, lo trovi divertente? Di più o di meno di quando ho dato a te del pezzo di merda?
Il punto è che non è un tuo diritto decidere se i tuoi comportamenti sono un maltrattamento nei confronti degli altri. O se sono divertenti. Evidentemente hai la fortuna di non essere mai stato discriminato, se lo fossi sapresti che la discriminazione e i maltrattamenti non si esercitano solo con la violenza fisica diretta.
Non hai idea di quanto mi sia sentitə gratə a quell’amico che, subito dopo una battuta sulle persone trans* di un altro amico, gli disse: “Siamo ancora alle battute sui trans? Puoi fare di meglio.”
Guarda sono d’accordo su tutto, ma questa battaglia per il politicamente corretto distrae la gente dai veri problemi: il vero problema sono le barriere architettoniche, non il fatto che dico “i disabili” invece de “le persone con disabilità”.
Hai proprio ragione: coloro che si battono per il politicamente corretto non fanno nient’altro perché dedicano tutte le loro risorse a questo!
No.
Coloro che chiedono un trattamento linguistico corretto, fanno sempre anche altro (che sia attivismo istituzionalizzato o informale, collettivo o individuale). Solo che vogliamo il pane e anche le rose, cazzo.
Se la tua preoccupazione, però, è che non abbiamo il tempo per chiedere entrambe, invece di invitarci a dedicare le nostre risorse a battaglie più importanti, potresti dire: mi batterò io per questa tua esigenza iniziando a prestare attenzione ai bisogni marginali delle persone discriminate, tu preoccupati del resto! E non ti farò più perdere tempo ad argomentare sulla necessità di una comunicazione corretta! Lo apprezzeremmo tanto!
Se invece la tua preoccupazione è che la ggente non possa accettare più di una trasformazione per volta (o permettiamo una vita più facile alle persone trans*, oppure iniziamo a smettere di fare battute sui tranvoni, tutt’eddue no, non si può: è contro il patrimonio genetico della razza umana), la risposta non può che essere: proviamo e vediamo. Finora la vita facile le persone discriminate non ce l’hanno mai avuta, chissà come sarebbe…
Vabbé, alla fine comunque non mi hai convinto.
Ah, ma io non volevo convincerti.
Sei tu che devi scegliere se essere uno stronzo oppure ascoltare e contribuire a creare un mondo migliore a partire da piccoli accorgimenti linguistici che costano pochissimo ma che rendono meno dura la vita delle altre persone. Io ho solo contribuito a fornirti degli strumenti concettuali per prendere questa difficile scelta.
Buona scelta e, ricorda: un mondo più accogliente per gli altri, diventerà un mondo più accogliente anche per te!