Di cosa parliamo quando parliamo di…
il mansplaining, le basi.
Prima di iniziare
Esistono altri tre post sulle basi:
Ovviamente questi post non sostituiscono la nutritissima e in alcuni casi ottimi libri (e siti!) sull’argomento: se ti interessa, Internet è stata inventata per questo (puoi iniziare cercando il nome Rebecca Solnit, anche se non ha inventato lei il termine, e poi puoi cercare Giulia Blasi, che ha tra gli altri il merito della brillante traduzione “minchiarimento”).
Iniziamo
Ma ora veniamo alle cose importanti: se sei qui perché ti ci ho mandato, è perché hai scritto qualche cazzata online su un argomento che evidentemente non conosci: qui ci sono le basi.
Se sei qui e credevi o credi che sia diverso, non ne sai abbastanza.
Il mansplaining non esiste!
Chiariamo un punto: a un certo punto una scrittrice che si chiama Rebecca Solnit ha incontrato un uomo che ha cercato di spiegarle un libro che aveva scritto lei. Cioè, cazzo, l’aveva scritto lei: sapeva molto meglio di lui cosa diceva.
Pensandoci su, Solnit ha realizzato che questo tipo di evento comunicativo era già avvenuto e che anzi era capitato in diverse occasioni che uomini le spiegassero cose ovvie o partendo dal presupposto che lei non potesse conoscerle.
Quindi il mansplaining è questo: l’atteggiamo paternalista di alcune persone che presuppongono che coloro con cui parlano non sappiano. Il fenomeno si chiama così perché è stato individuato da una donna e correlato a caratteristiche della comunicazione dipendenti dal genere.
Come persona trans ho incontrato davvero decine di uomini (e qualche donna) cisgender che pretendevano di spiegarmi cos’è l’identità di genere, chi ero, come avrei dovuto vivere la mia identità di genere e anche come la vivevo in realtà (perché certo, quello che io sento sono sciocchezze: loro lo sanno meglio di me perché sono razionali. Coglioni).
Se parti da questa considerazione, e cioè che è un atteggiamento paternalista, dire che non esiste è un po’ una cazzata.
E vabbé, ma non è un fenomeno statisticamente significativo. Dimostrami il contrario!
No.
Per due motivi:
- non voglio scrivere un trattato di sociologia di comunicazione, sto cercando di farti imparare la regola base della buona educazione comunicativa: se qualcuno manifesta un problema, gli dai credito e cerchi di capire come eliminare il problema, non gli dici che si sta inventando tutto;
- io non ho bisogno di dimostrazioni: so che esiste. L’ho subito e mi sono resə conto, prima che ne scoprissi l’esistenza, che anche io in alcuni casi avevo messo in atto quell’atteggiamento: adesso, per buona educazione, cerco di non farlo più. Quindi sei tu che hai bisogno di conferme, perciò trovami uno studio serio, accreditato, che dimostri senza ombra di dubbio che nella comunicazione a livello mondiale non avvengono eventi di mansplaining e poi ne riparliamo.
Stai rigirando la frittata.
No: tu mi hai chiesto di dimostrare qualcosa di cui io mi sono resə conto e tu, evidentemente, no. Poiché non mi paghi, non vedo perché devo lavorare per la tua pigrizia: trovati da solo quello che cerchi.
Il mansplaining è sessista!
La parola sessismo è stata inventata sulla base della parola razzismo per indicare quella cultura che attribuisce agli uomini eterosessuali il diritto di occupare le posizioni di potere della società dall’arena politica all’ambito famigliare. Quindi sì, bravissimo, è vero, hai ragione: è una pratica che deriva dal sessismo! Bravo, vedi che ti serve leggere le mie guide?
No, intendevo dire che è un concetto inventato per screditare l’intero genere maschile!
Se il genere maschile avesse bisogno di Rebecca Solnit (e tutte le altre persone che hanno parlato del mansplaining) per essere screditato, vivremmo in un mondo migliore.
La verità è che gli uomini finalmente grazie al femminismo hanno la grande opportunità di trovarsi faccia a faccia con atteggiamenti che si portano dietro da secoli, se non millenni, e dovrebbero dire: “ok, quindi questa cosa non vi piace? D’accordo, parliamone e vediamo di rendere insieme la vostra vita più facile (e il mondo migliore), grazie per l’imbeccata”. Invece che cosa fanno? Starnazzano che non è vero, che vengono aggrediti, che sono loro le vittime.
Vuoi prendere la cosa seriamente? Allora parliamo della storia dell’orso. Lo sai quante aggressioni hanno fatto sulla percentuale degli incontri che si sono svolti? La percentuale di aggressioni tra umani è di gran lunga inferiore!
A volte ho dei dubbi sulle speranze per la specie umana.
Te lo dirò con parole semplici: non è letterale: è una manifestazione di esasperazione e disagio. Aspetta, scusa, non volevo sovraccaricarti. Cancella tutto. Lo dico in italiano così capisci:
Non è letterale.
Riguarda il senso di pericolo. Riguarda non solo le aggressioni evidenti, fisiche, ma anche (anche, leggi bene), tutte le microaggressioni e gli atteggiamenti sminuenti, paternalistici, denigratori e derisori che vengono messi in atti nella vita quotidiana delle persone.
Anche se è un’iperbole, magari un orso in un bosco ti incontra per caso e ti aggredisce, ma difficilmente pianifica il tuo omicidio per settimane, ti stalkerizza, taglia i tuoi rapporti sociali, fa gaslighting… il punto è che certi uomini privi di educazione emotiva le donne se li trovano in casa o alla porta anche tutti i giorni, per evitare gli orsi basta non andare nel loro territorio.
Ma quelle sono pazze. Sono vittimistiche e bugiarde. E poi noi si scherza, sono modi per attirare l’attenzione e conoscersi…
E questo è quel che dicevo prima: se una persona (o due, o dieci, o cento o mille, ma basta una) sostengono che un certo atteggiamento non va bene, la risposta giusta non dovrebbe essere “non è vero!”, “scherzavo!”, “sei pazza!” ma: “ti ha dato fastidio? Scusa, non lo farò più”. E poi non dovresti farlo più veramente. Mai più, con nessuno (finché non incontri una donna che apprezza le pacche sul culo, allora solo con lei, puoi farlo. Finché non ti dice di smetterla).
Cioè dovrei vivere sempre all’erta col senso di colpa?
No, dovresti vivere col senso di miglioramento, con la volontà di vivere meglio tutti, tutte e tuttɛ. Anche le altre persone secondo i loro criteri e non i tuoi.
Che pesante che sei.
Non sai quanto lo sei tu, lo siete voi, quando vi comportate male.
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Poscritto (perché tanto lo so che lo vuoi, quindi eccolo qui): anche se il mansplaing è un fenomeno messo sotto i riflettori solo di recente, ho trovato uno studio, pubblicato sul Journal of Managemet and Organization. Naturalmente adesso dirai che non prova niente, che non è serio, che è di parte e… sai qual è la cosa davvero fantastica? Lo farai senza averlo neanche letto, giusto una scorsa veloce alla disperata ricerca di difetti che i peer reviewer della Cambrige University Press non hanno trovato, perché tu sì che ne sai, cazzo. (PS: se nonleggi anche i testi della bibliografia, non conta.)