Di cosa parliamo quando parliamo di…
il segno schwa, le basi.
Prima di iniziare
A breve preparerò anche un pezzo sulle basi del mansplaining perché ho bisogno di un riferimento da dare in questi casi, nel frattempo ti ricordo che esistono altri due post sulle basi:
- qui uno sul politicamente corretto;
- qui uno sulla transness.
Ovviamente questi due post non sostituiscono la nutritissima e in alcuni casi ottimi libri sull’argomento: se ti interessano davvero questi argomenti leggiti per iniziare qualcosa di Vera Gheno o di Manuela Manera per il primo argomento e di Juno Dawson o di Filo Sottile per il secondo.
Iniziamo
Ma ora veniamo alle cose importanti: se sei qui perché ti ci ho mandato, è perché hai scritto qualche cazzata online su un argomento che evidentemente non conosci: qui ci sono le basi.
Se sei qui e credevi o credi che sia diverso, non ne sai abbastanza.
Non ho mai visto lo schwa in un libro di grammatica, quindi tu non lo puoi usare.
Ringrazio mbe_716 perché discutendo con lui su Threads ho capito che dovevo iniziare da qui (ma questa pagina non è su di lui o per lui, è per coloro che osteggiano l’uso dello schwa).
Una grammatica non dice come puoi parlare (farò riferimento al parlato perché è la forma principale di uso della lingua) ti dice solo qual è la varietà standard della lingua (quella considerata più prestigiosa). Però:
- la grammatica, la linguistica e chiunque affronti seriamente queste discipline sanno molto bene che, a fronte della realizzazione ottimale “secondo grammatica”, nella realtà la lingua è realizzata in un gran numero di varietà (più o meno dialettali, gergali, creative, poetiche) che si sono esplicate nel corso del tempo e
- anche le persone che appartengono a classi marginalizzate o che non si riconoscono nel sistema culturale di riferimento hanno il diritto di usare la lingua italiana (che non prescrive chi può e non può usarla), quindi
- anche il sistema grammaticale italiano lascia spazio alla creatività collettiva e individuale. Detto in altri termini, per il sistema lingua chiunque può parlare in qualsiasi modo. Davvero! Semplicemente, se chi parla si discosta troppo dalla varietà standard i suoi testi non verranno compresi.
Eh, ma quello non è più italiano!
È esattamente quello che ho detto. Mentre, se viene parlata una varietà di italiano con pesanti influssi dialettali, chi fa seriamente linguistica dirà che si tratta ancora di italiano, ma dialettale. Ma ancora italiano!
Quindi la grammatica non parla dello schwa perché si occupa della variante più prestigiosa (per motivi storico-politici, non linguistici) ma non esclude che siano italiano tutte le altre varianti, neppure quelle che impiegano lo schwa.
Tra l’altro, questo è curioso, le grammatiche di solito spiegano quali grafemi e fonemi fanno parte del sistema grammaticale italiano nella sua varietà più prestigiosa, ma non vietano che possano esserne aggiunti altri, in condizioni che non possono prevedere.
Quando usi quel segno astruso, tu stupri la mia lingua.
La capacità delle lingue di accogliere innovazioni è la dimostrazione della loro vitalità, perché una lingua che non cambia più è una lingua morta (tecnicamente una lingua è morta quando tutte le persone che la parlavano sono morte… cioè quando la lingua non cambia più, c.v.d.).
Se la metti così è piuttosto imbecille lamentarsi delle innovazioni linguistiche, che garantiscono la vitalità della lingua.
Ma quelle non sono innovazioni! Sono abusi!
Scusa, ma due sciocchezze richiedono due risposte:
- l’innovazione è qualcosa che viene riconosciuto come tale ad anni di distanza (le innovazioni linguistiche possono richiedere decenni), prima del riconoscimento, si tratta solo solo una cosa stramba o un’infrazione delle regole o un attacco alla tradizione. In questo casi mi fa sempre ridere pensare ai coglionazzi che, dopo l’invenzione della scrittura, se ne lamentavano (per un buon abbrivio, parti dal Fedro di Platone, sezione 275d-276a). In altri termini, l’innovazione parte sempre come esperimento poi alcuni esperimenti diventano innovazioni, altri cadono nel dimenticatoio, com’è giusto che sia.
- gli esperimenti sono abusi solo nella mente dei prepotenti, di chi ha del potere e ha paura di perderlo perché qualcun altro fa le cose in modo diverso. Chi non ha paura di perdere qualcosa, non ha paura di coloro che si comportano diversamente. Tu che cosa ci perdi se io uso lo schwa?
Io non ho affatto paura! Ma un attacco alla mia lingua è come picchiare la mia mamma!
Sorvolo sulla tua fragilità di persona che ha bisogno di non sentirsi dire che ha paura. L’idea che fare esperimenti con la lingua sia come picchiare la mamma è orrenda, e ha una falla: il funzionamento del sistema “mamma” prevede che lei interagisca con le altre persone e cambi grazie a questo, ne abbiamo parlato prima, te lo ricordi? La dimostrazione di questa ammissibilità è che di forestierismi, prestiti adattati o meno e calchi la lingua italiana è piena, quindi nella tua orrenda ottica tua madre sono sette secoli che viene malmenata da francesi (cinema, cravatta), arabi (cifra, alambicco), spagnoli (regalo, aguzzino), inglesi (bistecca, influencer) e chi più ne ha più ne metta. E guarda che hanno fatto i fiorentini al latino!
Quindi la metafora violenta non ci sta proprio: noi con la lingua ci parliamo, non la picchiamo.
Ma a che cosa serve? Perché tu lo fai?
Finalmente una domanda intelligente, grazie!
Io uso lo schwa perché non mi riconosco come uomo né come donna e, visto che la lingua italiana prevede una declinazione per genere, voglio essere rappresentatə anche io da quella possibilità flessionale.
Esiste il maschile sovraesteso per questo…
Il maschile sovraesteso (o non marcato) prende giustamente mazzate dai primi anni ottanta: che debba esistere un genere sovraesteso dipende da fattori che non stanno nel sistema grammatica in sé, ma nella pragmatica, cioè nell’uso che facciamo del sistema linguistico. In altre parole è arbitrario, sociale e non linguistico, come dimostrano due fatti:
- tutt’ora esiste una resistenza ad usare i femminili per certi nomi di professioni anche quando il referente extralinguistico è senza ombra di dubbio femminile (la Presidente del Consiglio insegna);
- in certi ambiti si è usato fino a poco tempo fa il femminile sovraesteso (le ostetriche, le maestre, le infermiere).
Questi due aspetti sono la dimostrazione che il maschile sovraesteso è un modo in cui la lingua riflette la società e non una caratteristica intrinseca della grammatica.
Ma, se la società cambia, deve poterlo fare anche la lingua.
E poi, scusa, ma se non mi riconosco come uomo, mi secca anche un po’ che si usi per me un genere dal quale cerco di staccarmi: è scortese e insultante. Vuoi essere quel genere di persona?
Ma poi cosa vuol dire che non ti riconosci né come uomo né come donna? O sei uomo o sei donna, la biologia non si discute.
Leggi qui, deficiente (non è un insulto: ti mancano delle competenze di base). E comunque la biologia la discuti ogni volta che prendi un antibiotico.
Continua pure ad arrampicarti sugli specchi, non mi costringerai a usare lo schwa!
Non ti ho mai detto che devi farlo anche tu. E sto ancora aspettando di vedere qualcuno che cerca di imporne l’uso (come la teoria del gender: tutti a ripetere a pappagallo che vogliamo imporla, ma l’ha inventata un prete per dire quanto siamo cattivi, noi che vorremmo solo vivere la nostra vita in pace). Dico davvero: se trovi qualche messaggio di qualcuno che dice: “devi usare lo schwa”, ti prego rigiramelo, perché io non ne ho mai visti.
E, se vuoi smettere di leggere questo simbolo usato in fonetica per rappresentare i suoni anche di alcuni dialetti italiani, puoi smettere di leggere tutte le persone che la usano e allora rimarrai a parlare con un piccolo gruppo di persone oppure un piccolo gruppo di persone continuerà a usarlo e tu non saprai mai quali abominevoli cose si dicano.
Io sto solo argomentando per il mio diritto ad usarlo, senza pretendere neanche che sia standard, siete tu egli altri puristi della lingua che, se aveste la possibilità, mandereste la polizia dove io trascorro il tempo con lɛ miɛ amicɛ per impedirmi di usarlo. Quindi smettila di rivoltare la frittata.