E fattela una domanda!
Questo finesettimana ho ripreso in mano i colori ad olio e ho trovato una nuova definizione, assolutamente personale, di creatività. Ecco, la creatività per me è frustrazione:
- quando la fruisco (quando fruisco quella che mi piace e in cui mi riconosco) mi frustra il pensiero che non potrò mai raggiungere un simile livello di espressività o di competenza tecnica e
- quando mi cimento in attività creative sento sulla pelle questa frustrazione.
Eppure prendere i pennelli in mano mi fa bene proprio perché mi fa male: mi restituisce una misura della mia incompetenza e mi fornisce delle indicazioni. Non perché punti a migliorare me stesso: i miei esperimenti non sono inseriti in un percorso di apprendimento propriamente inteso, è proprio il pensare le cose, i loro dettagli in un modo diverso che contribuisce a rendermi utile nel mio lavoro perché arricchisce la mia capacità di vedere le cose.
Faccio un esempio, così capisci anche tu quello che sto cercando di chiarirmi io.
Un (bel) po’ di tempo fa un caro amico mi ha proposto di illustrare quattro personaggi per delle partite di gioco di ruolo. Ho fatto un po’ di schizzi, sperimentando diverse modalità figurative (da quelle meno verosimili a quelle più in linea con le illustrazioni dei giochi di ruolo mainstream), poi gli schizzi accettabili di ho ripassati in nero, poi ho provato a colorare i disegni ripassati, prima lo stesso nero con cui li avevo ripassati, poi con i pastelli a cera, con le matite colorate, i pennarelli, i pastelli a olio, gli ecoline, le tempere e infine i coloro a olio.
Ogni tipo di colore ha i suoi aspetti positivi: gli ecoline sono brillanti, le cere sono traslucide, le matite si sfumano agevolmente, i pastelli a olio sono coprenti e pastosi, le tempere si asciugano in fretta e sono coprenti il che ti permette di sperimentare sovrapposizioni anche ardite quasi subito. Ma tutte queste cose le saprai già.
La parte interessante è che ogni volta mi sono chiarito cose su come stendere il colore, oppure su come andava gestita una certa sfumatura sul braccio, o come gestire sfumature continue in campiture non contigue.
Non ho imparato a dipingere e non saprei esattamente dire in che modo questa esperienza ha influenzato le mie risposte quando col mio socio abbiamo discusso alcune scelte strategiche che hanno portato alla decisione di posticipare l’avvio di una linea operativa (programmazione) a favore di un carotaggio politico (strumenti commerciali), ma so che l’ha fatto.
Tutto questo per dire che avere dei feedback può essere doloroso, ma è sempre utile.
Per esempio io una e una sola cosa deǝ docenti che sono tornatǝ in classe in queste settimane la invidio: hanno ricevuto un’occasione di self-assessment eccezionale, un feedback personale, individuale ma pure estremamente veridico sulla loro didattica. Ed è pure molto semplice:
se il loro modo di fare didattica non è cambiato rispetto a prima della pandemia, sono insegnanti scadenti.
Se tornando in classe oggi hanno ripreso a fare lezione come la facevano fino all’inizio di febbraio 2020 sono stati impermeabili a otto mesi (da marzo a giugno e poi da settembre a dicembre) di scuola e vita civile totalmente altro rispetto alla normalità. Ma se niente
- nessuno strumento
- nessuna pratica
- nessuna strategia
- nessuna tecnica
- nessuna argomentazione
è riuscita a scalfire il loro modo di insegnare in otto mesi, come si può immaginare che sappiano rendersi permeabili aǝ loro studenti per imparare da loro (cioè tenersi aggiornati sul modo in cui si comunica) e per capire le loro necessità (cioè adattare il messaggio al destinatario… quella cosa che sosteneva già Cicerone per rendere efficace la didattica… ops, le arringhe in tribunale).
E, guarda, non dico che chi insegna deve trasformarsi in un cyborg metà umanǝ e metà macchina che una parola la dice e una la digita, futuristico emulǝ del Salvatore del Nome della rosa. Ma nelle professioni della comunicazione (e di tutte l’insegnamento è certamente la più importante, delicata e nobile) devi essere capace di arricchire la tua panoplia di strumenti e metodi in continuazione, altrimenti rimarrai sempre indietro, come un impaginatore che si ostini a fare il suo lavoro con le pellicole invece che con i software. Magari fa cose bellissime, ma rimarrà fuori da un mercato che richiede una certo volume di lavoro. Dici che il lavoro richiesto a unǝ docente è di qualità e non di quantità? Ti darei ragione, se non fosse che ǝ docenti si trovano venticinque, trenta studenti in classe, seguire i quali non è come seguirne la metà (quindi è anche, purtroppo, una questione di quantità). Ma questo apre un altro fronte di discussione…