Questo è il cielo che sputa su di noi, per come abbiamo sprecato un’occasione.

E-learning, 18 marzo

2020

Adri Allora
6 min readMar 18, 2021

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È trascorso un anno

e secondo me vale la pena di riprendere quello che scrissi esattamente 365 giorni fa e vedere che cos’è cambiato.

Già, perché è anche uscito un sondaggione molto significativo in cui un set di docenti che si erano iscritti a un corso di digitalizzazione sostiene che l’esperienza digitale sarà importante anche per la didattica tradizionale; che l’integrazione di DAD e DIP è una grande opportunità; che il problema non è la tecnologia ma come la si usa (e in particolare come fare una lezione frontale efficace in DAD… come se la lezione frontale fosse veramente efficace almeno in DIP). Quindi dobbiamo anche noi il punto della situazione. Vuoi mica essere da meno di una multinazionale?

Ecco perché oggi facciamo un gioco diverso: in grassetto le note aggiornate ad oggi, con 365 giorni di pandemia in più sull’esperienza. Vediamo che cosa è successo?

Un anno fa

Ci piace scrivere di e-learning perché è la nostra passione (via, una delle nostre passioni, ma tra le nostre passioni è quella che mette il cibo sulla nostre tavole), ed è un punto di partenza per fare riflessioni di più vario genere.
Questa mattina una docente, in assistenza, ci spiegava che “anche molti tra noi docenti, dalla chiusura della scuola, lavoriamo 7/7 10/12 ore al giorno, per essere all’altezza di una didattica improvvisamente diversa, e di cui sentiamo fortemente la responsabilità che risulti efficace.”

Qui le cose sono un po’ migliorate: per fortuna molte scuole sono state capaci di fare tesoro dell’esperienza passata, la DAD (che è fondamentale continuare a chiamare così, proprio per marcare le specificità e le difficoltà connesse a una pratica che si deve adattare a modalità cui non è storicamente abituata) è un po’ meno inaccessibile. Rimangono due punti scoperti: il primo è che, invece, le famiglie che prima non potevano garantire l’accesso continuano a non poterlo fare in troppi casi; il secondo è che non è ancora passata l’idea — soprattutto fuori dalla “sala professorǝ” — che

fare DAD è molto più oneroso che fare lezione frontale in presenza.

E poi ci è capitato di leggere un bel post su facebook (di Sabina Minuto, una docente) che dice, tra le altre cose:

[…] La didattica a distanza non solo è una fatica immane per noi, per me che faccio una didattica di relazione e consulenze (processi non prodotti) , ma è altamente esclusiva.
Lo sperimento ogni giorno. Più il tempo passa più perdiamo studenti. È una catastrofe.
Non per i voti. Non per le valutazioni. Non per i programmi di cui personalmente non mi interessa nulla. Ma perché la scuola è altro. È il luogo dello stare. Dove devono stare gli adolescenti (nel mio caso) e i bambini. La scuola è cura, è luogo di accoglienza, è incontro, è costruzione del sapere. È un luogo pubblico in più. Gratuito o quasi. È il LUOGO per eccellenza a fronte di tanti NON LUOGHI.
La scuola a distanza muore. […] Non si tratta di compiti. E comunque chi ho perso: fra i tanti deboli quelli ancora più deboli per mille motivi; famiglia assente, nessun controllo, nessun strumento digitale, niente soldi per i giga, casa famiglia, DSA, BES, stranieri, tutti quelli che arrancavano ora sono persi.
Tutti i giorni sulle barricate a cercarli a capire come fare.
Io e i colleghi di sostegno e gli altri.

È una riflessione molto dolorosa ma bellissima, e vera in tutti i casi in cui si realizza, cioè i casi in cui non solo c’è un o una docente che non ha a disposizione strumenti adeguati, ma c’è pure un o una discente che non hanno a disposizione strumenti adeguati.

Appunto.

Aggiungiamo un tassello alla riflessione: una delle cose che s’imparano leggendo con attenzione i documenti di Gianfranco De Simone (e di Christian Raimo, e di Simone Giusti, citando a memoria) è che, nonostante l’impegno delle persone che ci lavorano, la scuola italiana è classista: va meglio chi ha una situazione solida alle spalle, chi ha gli strumenti, la famiglia, gli amici giusti (non quelli che ti offrono le scorciatoie ma quelli che ti tengono sulla strada faticosa), le capacità (e qualcuno aggiungerà la voglia, su questo punto in azienda ci sono diverse opinioni, quindi noi la citiamo solo tra parentesi ^___^ ).
L’e-learning, se è pensato come qualcosa che riproduce e non qualcosa che ristruttura, non può che amplificare questo assunto. Pensate solo a quanto uno studente che segue una lezione on line è più esposto a distrazioni rispetto a uno che compie la stessa attività in classe.

Da questo punto di vista ciò che mi ha colpito è la pochezza di iniziativa e ricerca degli enti di formazione di seconda linea, le case editrici in primo luogo. Davvero credi che nuove batterie di esercizi a risposta multipla di Google Moduli soddisfino la richiesta di una didattica diversa? Davvero credi che il massimo che potevi pensare è l’integrazione con Classroom o la sua copia nella tua piattaforma?

Ma se per te la valutazione si riassume in un sondaggio, anche no.

Moltǝ si sentiranno insultatǝ da quello che sto per dire, ma non mi aspettavo rivoluzioni copernicane in ambito didattico daǝ docenti: chi è in prima linea nel migliore dei casi può escogitare tecniche vincenti, ma è improbabile che abbia la possibilità di ragionare sulla strategia generale. Quello è qualcosa che dovrebbe fare, non da solǝ, chi si occupa di editoria scolastica, anzi, che fa chi si occupa di editoria scolastica… non te n’eri mai accortǝ? Pensa a cosa succede quando un libro con un concetto nuovo a livello strutturale o metodologico entra in classe: è quello, sono scelte che condizionano anni di didattica. Vuoi degli esempi? La grammatica valenziale di Loescher. L’antologia curata dalla Holden per Zanichelli. La grammatica picta di Mondadori. Ce ne sono altri, non tanti, ma ci sono, questi mi sono venuti in mente al momento pescando tra marchi diversi. Magari non sono idee della casa editrice, ma sono idee che la casa editrice ha selezionato, confezionato e proposto con tutta la sua professionalità.

Questo giro no. So che Loescher ci ha commissionato un software per le verifiche sommative molto figo, ci vuole tempo per farlo e magari anche per le altre case editrici è lo stesso, ma non ho davvero colto niente di nuovo, non ho sentito nessuna voce di corridoio che raccontasse di un libro pensato e impaginato per la DAD, al massimo delle guide docente con alcuni consigli su come sfruttare l’esistente (è qualcosa, eh, ma proprio qualcosina-ina-ina). Ho l’impressione che abbiano tirato i remi in barca e che si siano messi a guardare, e questo fa tristezza.

Allora il punto è ripensare l’e-learning (che in fondo è il motivo che ci ha spinti a fare i nostri piccoli post sull’argomento), ripensarlo in modo che sia ristrutturante l’esperienza didattica. È chiaro che finché si sta in classe l’elemento centrale dell’esperienza è l’interazione diretta, ma cosa succede in tutti gli altri casi?
Come si gestisce la comunicazione non con i ragazzi, ma con le famiglie, che diventano le garanti del lavoro dei ragazzi a casa? Come si gestisce la difficoltà delle famiglie a rivestire quel ruolo?
Ha senso iniziare a gestire la comunicazione tra i ragazzi, a orientarla? Potrebbe valere la pena di abbracciare architetture dell’informazione come quella collaborativa (sempre a distanza) per far preparare a loro delle esposizioni come prevede da alcuni anni il protocollo della Scuola Senza Zaino?
Ha senso immaginare di costruire attività di peer review tra pari? E come si gestisce una classe che applichi questo tipo di strategia?
Come si assegnano i compiti? Ha ancora senso assegnare i compiti o forse avrebbe più senso assegnare obiettivi? E come può essere gestita l’assegnazione di obiettivi?
Come si valuta l’efficacia della propria azione didattica? Lo si fa ancora sulla base dei voti o devono intervenire altri elementi? E i voti si assegnano sulla base dei medesimi criteri in vigore prima?

Sono passate circa due settimane dall’inizio dell’emergenza. Potrebbe essere il caso di provare a rispondere a queste domande, e a porne altre.

È passato un anno, e ancora a quelle domande non esistono risposte condivise. Peccato.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.