Escape this fucking life!

Parliamo di due libri-gioco proposti (?) come escape room

Adri Allora
6 min readJul 30, 2022

Va’ che a ‘sto giro sono sicurǝ di intercettare il tuo interesse, per almeno tre valide ragioni: parlo di esperienza di escape (o quasi, vedrai) e tuttɛ hanno voglia di fuggire da qualcosa, di questi tempi; parlo di libri, anzi, libriccini, piccolissimi, meno di cento pagine; parlo di qualcosa che potresti pensare di portarti in vacanza invece della settimana enigmista che è bellissima, eh, ma è anche bello variare.

Escape, libri, vacanza… ci sei? Partiamo.

Questi sono i due volumi in questione:

I colori sono più vividi, la mia macchina fa schifus.
  • La tomba di Akhenaten, Andrea Maffia, Erickson editore, 48 pagine, 9,90€;
  • Alla ricerca del tesoro perduto, Kaedama-Christophe Swal, MS Edizioni, 96 pagine, 17,90€.

Entrambi hanno a che fare con una archeologa scomparsa da rintracciare/salvare, ed ero molto curiosǝ di provare a leggerli “in confronto”, non tanto per difinire il migliore (non c’è: sono libri che rispondono a domande diverse) ma per riuscire a vederne uno alla luce dell’altro.

Partiamo…

La tomba di Akhenaten è più leggero e, nell’aspetto, indirizzato a un pubblico più giovane: meno testo, illustrazioni più grandi, personaggi illustrati più da libro per ragazzi. In più, l’unico vero ma inevitabile “difetto” del libro, contiene in copertina due riferimenti all’ambito scolastico: è un difetto perché riporta l’esperienza a quell’ambito lì, ed è un piccolo ostacolo se si vuole giocare questo libro con lɛ propriɛ figliɛ che, in vacanza, vogliono fare vacanza (per fortuna io sono unǝ genitorǝ modernǝ i cui due fari educativi sono: “la mia famiglia non è un istituto democratico, quindi decido io” (la consecutiva devo urlarla più forte delle ragazze, però, perché provano sempre ad avocare il potere, quindi quando si discute a casa nostra sembra di stare sotto il castello di Grayskull), e, soprattutto: “sono severo, ma ingiusto” (sì, uso ancora il maschile in famiglia)).

Scherzi a parte, gli enigmi richiedono attenzione ma non sono difficili e, soprattutto, sono verticali sulla matematica.

Non le sequenze di numeri a cui sei abituatǝ tu dalle escape room in cemento e arredi di scena, proprio matematica (di seconda media), soprattutto geometria (che ha un senso, visto che gli egizi erano ottimi geometri), ma c’è anche roba con le frazioni.

È una scelta che ho trovato interessante perché di induce a focalizzarti su un certo approccio alla risoluzione dei problemi, tutt’altro che sgradevole. Gli enigmi mi sono parsi bilanciati (un paio più impegnativi, uno più leggero, ma non è che sia statǝ a fare un’analisi statistica, è appunto un’impressione) e ho apprezzato la parte “manuale” (per giocarlo dei procurarti dei fermacampioni, ritagliare delle stecche di cartoncino preforate che forse avrei fatto un filino più spesse; poi hai la mappa al centro del libro, una tavola sinottica dei segni matematici egizi (mi è rimasta la curiosità che fossero veramente quelli) e un righello). Bello, bello.

Qui il libro prima dello scempio.

Ho trovato brillante, ancorché un po’ macchinoso, il meccanismo per non farmi rimanere bloccatǝ: qrcode che aprono pagine con indizi e soluzioni. Sarebbe stato perfetto se invece di un pdf separato per ogni indizio e per ogni soluzione avessi avuto una singola pagina html con dei link interni che rimandavano a indizi e soluzioni, ma questo non cancella la buona intuizione.

La storia non è male, ma molto lineare (bisogna dire che sarebbe stato difficile metterci anche una storia articolata: le pagine sono poche e ci si concentra sulle sfide).

Alla fine dell’esperienza, puoi sommare i punti che hai segnato man mano (tanti se non hai chiesto aiuti; meno se lo hai fatto; zero se hai chiesto la soluzione) e vedere quanto sei statǝ bravǝ.

E, visto l’intento tradizionalmente educativo della casa editrice, ti viene il sospetto che pure le somme alla fine sia un esercizio di matematica…

…Continuiamo…

Alla ricerca del tesoro perduto è meno verticale: gli enigmi sono più vari perché attingono a diversi ambiti (ce n’è uno — impossibile — in cui dovresti vedere un numero nascosto in un disegno) e alcuni richiedono di agire fisicamente sul libro... essendo unǝ fan di Keri Smith ovviamente ho apprezzato). Anche se ce ne sono alcuni (pochi) un po’ arbitrari (e ancora adesso mi domando perché nel PRIMO enigma abbiano scritto usano le loro armi invece di usano le loro arti, ma vabbé), il livello di difficolta è: “sfidante, ma se po’ ffà”, e in gruppo è di sicuro più divertente.

Eddai che quando vedi una cosa così ti torna in mente quel pomeriggio al centro estivo quando hai visto per la prima volta in VHS il terzo Indy e ti sale un groppo in gola.

Anche questo libro predispone dei salvagente per quellɛ che, come me, in certi casi proprio non ce la possono fare: sia direttamente in pagina, dicendoti da quale pagina dovresti arrivare se hai fatto bene, sia in due pagine a fondo libro con aiuti e soluzioni.

C’è molto testo che ha permesso di raccontare di più la storia e ci sono più elementi “ludici”, come il segnalibro su cui segnare gli oggetti di cui si è entratɛ in possesso (anche se poi averli o non averli non fa molta differenza) o il fatto che data una mappa ci si sposti in tutto il mondo. Una mappa c’è pure nel libro di Erickson, ma in quel caso è la mappa di una tomba da cui si deve uscire, trovando le taniche di benzina per il generatore e poi la combinazione numerica per attivarlo (cose che ricordano molto le vere escape room), in questo volume invece ci si muove su tutto il pianeta (qui escape room un cazzo — è marketing — , però ha fatto tornare alla mente l’areo che si muove sulla mappa di Indiana Jones… citato in entrambi i libri in diversi modi).

Molto brillante l’accesso differenziato a vari gruppi di enigmi, davvero lodevole.

Questo libro, in più, ha una cosa meravigliosa: come me, usa lo schwa! Ed è perfettamente logico perché è raccontato alla seconda persona (come i libri “Scegli la tua avventura” di Mondadori o come i Librogame di E.Elle) e, visto che non è detto che chi gioca sia maschio o femmina (o altro), usare lo schwa permette di dire: va bene comunque, che tu sia di una sponda, dell’altra… o di nessuna delle due. Direi di più: è il primo caso in cui l’uso della lettera al centro di tante polemiche mi è parso più utile che politico (e, con questa affermazione, so che farò incazzare un muucchio di gente). Ora, i tipi di MSEdizioni avrebbero potuto fare anche meglio, per esempio usare lo schwa anche nell’enigma “Il discorso dello stregone” e, soprattutto, evitare di usarlo nella seconda parola del libro (“Carǝ apprendistǝ esploratorǝ” non si può proprio leggere: apprendista è indeclinabile per genere).

Carǝ apprendista esploratorǝ…

Però un plauso per il coraggio di usare i dispositivi linguistici come è giusto usarli (anche perché giocandolo con le ragazze, il libro di Erickson tutto al maschile mi costringerà a un lavoro di adattamento in lettura, questo no. In più, giocando sulla ricerca di una donna, la storia con protagonista maschile fa proprio venire in mente il tropo della damigella in pericolo).

…Conclusioni

Oh, io mi sono divertitǝ con entrambi i volumi, tanto che seguirò sia le prossime uscite di Escape Quest (MSEdizioni) che quelle di Playscape (Erickson).

In una prospettiva strettamente ergonomica, forse il primo ha giocato più tradizionalmente la gestione di aiuti/soluzioni con un risultato più efficiente, mentre il secondo è stato più innovativo ma non ha sfruttato appieno il vantaggio delle nuove tecnologie; per quanto riguarda invece il gioco nel suo svolgimento, la mia impressione è che davvero entrambi abbiano ottimizzato rispetto allɛ loro destinatariɛ (il primo per giocatorɛ adultɛ, il secondo bambinɛ e genitorɛ — e forse anche insegnanti che vogliono prendere spunto per le lezioni o attività in classe).

Se sei unǝ adultǝ che potrebbe giocarlo con altrɛ adultɛ, ti consiglio la prima serie; se potrebbe capitarti di giocarlo con bambinɛ, sicuramente la seconda. Se sei unǝ bambinǝ, non dovresti leggere il mio blog, che è pieno di parolacce, cazzo.

E il titolo? Puro clickbait, baby.

Visto che abbiamo citato gli anni ottanta, ecco in bel meme per ricordarli.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.