Questo poster bellissimo l’ho scoperto in un bell’articolo di frizzifrizzi sul tema del digital divide.

Il passo del gruppo

Adri Allora
3 min readFeb 11, 2021

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Quando si fa una gita in montagna, il passo del gruppo è il passo del membro più lento. Cioè, io li ho visti pure dei gruppi in cui a un certo punto si dice: “vabbé, noi andiamo e ci vediamo su, eh”, ma non erano gruppi di amici. Erano gruppi misti con gente normale ed escursionisti del CAI o wannabe per i quali la vetta era più importante della passeggiata. Gente che era insieme per caso.

Ma se quello che ti godi salendo sono il percorso e la compagnia, nessuno viene lasciato indietro.

A scuola no.

Vorrai mica rallentare quelli che possono fare di più, le eccellenze?

  • Poi i genitori si lamentano.
  • Poi all’INValSi la classe va male.
  • Poi sai che noia fare diecimila volte la stessa cosa?

Sarebbe bello immaginare una scuola in cui lo scopo non fosse la vetta ma il percorso, non il frammento di conoscenza ma l’acquisizione di un metodo e, soprattutto, di motivazione (il grande sottinteso nella scuola italiana, quello su cui nessuno lavora mai), ma oggi non ho voglia di farti il solito pippone di teoria della didattica.

Prendiamo un caso reale (i nomi sono stati cambiati per proteggere l’identità dei personaggi fittizi che fanno parte di questo pezzo di teatro patafisico): il giovane Asdrubale è in quarantena, il resto della sua classe no.

I e le docenti della classe devono decidere che fare: finché c’era la DAD, nel rispetto del diritto alla disconnessione, facevano ore di 40 minuti con blocchetti di 20 minuti di attività in absentia, ma adesso… cheffamo? Ce ne catafottiamo del diritto alla disconnessione e gli diciamo di fare ore di sessanta minuti come tutti i compagni? Rispettiamo il diritto alla disconnessione e gli facciamo saltare 20 minuti di lezione che invece i suoi compagni e le sue compagne seguono diligentemente?

È dura scegliere, anche perché tertium non datur.

O forse sì, per esempio potremmo sfruttare adesso quello che abbiamo imparato durante la DAD:

facciamo quaranta minuti di lezione anche in classe e poi assegniamo dei compiti di lavoro individuale in span di venti minuti, sempre in classe.

Incredibile, no? In questo modo gli e le studenti in classe avranno la possibilità di porci direttamente domande, che è un vantaggio ragionevole a fronte

  • del rispetto di un diritto (perché sai, qualche collega del corpo docente dovrebbe pure insegnarla, Educazione civica/Cittadinanza, e come fai a insegnarla se tu per primǝ ignori dei diritti?);
  • dell’uniformità nella nostra offerta formativa nei confronti del gruppo classe (tutti fanno la stessa cosa) costante nel tempo (oggi è Asdrubale, domani sarà Bravmorda, il metodo funziona per chiunque e in ogni occasione);
  • dell’insegnamento che chi ha uno svantaggio — di qualsiasi tipo — è comunque parte della squadra e non va abbandonato nel suo svantaggio;
  • della dimostrazione che grazie alla plasticità neurale impariamo sempre nuove cose e che le novità — come la DAD e Asdrubale a casa — sono opportunità per rinnovare i nostri metodi e proporre sempre qualcosa di nuovo.

Aspetta, ci penso un attimo.

Hmm, ma poi devo ristrutturare la mia lezione, il libro non prevede un’organizzazione simile della lezione e quella cosa della plasticità neurale non mi convince. Meglio di no.

Asdrubale tanto non è che possa puntare al 10.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.