Il problema della DAD non è didattico
La manciata di persone che mi legge sa che mi diverte additare i problemi didattici del sistema scolastico italiano: mancanza di strumenti adeguati, docenti spesso impreparati e comunque abbandonati a se stessi, segreterie didattiche e dirigenza se ne sbattono della crescita e del benessere degli e delle studenti (non te, ovviamente: tu fai bene il tuo lavoro, sono gli altri che sono così… vero?).
Però non si può girare troppo intorno alla questione: il problema della DAD non è didattico perché se potessimo concederci il lusso di contestare la didattica della DAD, allora avremmo risolto tutti i problemi infrastrutturali.
In altri termini, se potessimo davvero contestare la didattica della DAD:
- ogni studente avrebbe un dispositivo adeguato;
- ogni famiglia avrebbe banda sufficiente;
- ogni famiglia avrebbe la preparazione e la sensibilità per offrire alle e agli studenti a casa tutto quel che serve;
- ogni scuola sarebbe organizzata in modo da garantire l’accesso alle lezioni a tutti i membri del corpo studentesco (il che significa organizzazione, contratti, dispositivi e banda).
Ma non è così. Queste cose non ci sono.
Il problema della DAD è giuridico.
Se il diritto all’istruzione è negato (ed è negato nel momento in cui si prevede una modalità di insegnamento senza garantirne l’accesso) e minorenni sono a tutti gli effetti abbandonatǝ in casa da istituzioni che in quelle fasce orarie dovrebbero averne cura (e lo sono nel momento in cui le scuole non hanno strumenti per agire sulle/con le famiglie, alla faccia del patto di corresponsabilità), è un problema di attuazione concreta della norma.
Questo non dovrebbe stupire: è da più di un anno che i governi dimostrano ogni volta che si chiede loro di prendere una decisione che quello culturale è l’elemento sacrificabile.
Dirai che sono il solito qualunquista, quello buono solo a criticare. Forse hai ragione. Forse invece dovresti pensare al fatto che la tua pensione, se mai ci arriverai, dovranno pagarla i bambini e le bambine che questo governo e quello prima di questo non stanno formando adeguatamente a un produttivo inserimento nella società. Oppure vedila in quest’altro modo, meno monetario: la scuola insegna anche la socialità, la capacità di collaborare e di interagire e quando tu sarai vecchiǝ, rischi di trovarti la sera in strada da solǝ circondatǝ da sociopaticǝ che non hanno mai imparato non solo a lavorare, ma anche a interagire decentemente col prossimo (cosa? E dov’erano le famiglie? A lavorare! A educare ǝ bambinǝ ci pensavano i social network… una prospettiva meravigliosa, vero?)
Ma su una cosa hai ragione: io non ho idee e non ho soluzioni. Certo, smetterei di botto di spendere un milione di euro al giorno per Alitalia (ma questo non c’entra con la didattica: è che sono un imprenditore e mi sembra incredibile che nessuno pensi di usare un po’ meglio quei soldi) e di qualche altra partecipata dello Stato, definirei dei KPI specifici per ambito che mettano al centro il benessere di cittadini e ristrutturerei tutti i contratti dei dipendenti pubblici (e dei politici), ma non farei molto altro.
Però a volte è importante lamentarsi, altrimenti siamo soltanto rane bollite.