La nuova scuola

Stavo dimenticando qualcosa di essenziale

Adri Allora
9 min readJan 18, 2023

Scusami, scusami davvero.

Ti capita mai di avere l’impressione di poter fare qualcosa di bello e di bruciarti l’occasione?

Non so, vedi quella bella ragazza, o quel bel ragazzo, e non ti trattieni riuscendo nella più catastrofica figura demmerda nella storia della cringeness?

(Io comunque anche a questi risultati ci arrivavo dopo ore di training autogeno. E almeno lui è sintonizzato correttamente su di lei)

Ero lanciatǝ nella stesura del mio ultimo post su quella che ormai è una buzzword e mi sono lasciatǝ trascinare dai dettagli, perdendo il fuoco sulla cosa centrale.

Breve riassunto:

  1. le IA promettono di introdurre trasformazioni così radicali nel modo di comunicare da rendere obsoleto il modo attuale di insegnare;
  2. le prime reazioni del sistema educativo saranno, appunto, reazionarie: “vietiamo i cellulari” e “possono anche farsi fare il tema a casa dal chatGPT (o da altre aziende simili), ma poi è su quello in classe che io li valuto”;
  3. nessuna di queste razioni risolve effettivamente il problema di educare la futura cittadinanza (anzi, la seconda peggiora perché educa a pratiche fuori contesto);
  4. ma, hey, ogni difficoltà può essere anche un’opportunità: guarda che modi fighi ci sono per usare le IA per fare didattica!

Sì, certo, ma il punto è che la scuola nel complesso deve essere ripensata. Non si tratta di pensare lezioni o compiti a casa o interrogazioni che sfruttino le IA, si tratta di mettere in discussione i concetti di lezione o compito a casa o interrogazione così come li conosciamo adesso.

Chi insegna

Per prima cosa, deve essere ripensato il ruolo dell’insegnante. La docenza deve essere trattata come una vera professione: abbasso le mistificazioni sulla “missione” e invece lunga vita a controlli, premi (aumenti salariali individualizzati, promozioni) e perché no punizioni (blocchi di carriera, licenziamenti). Oltre al monte ore in classe deve essere contrattualizzato il tempo per preparare i materiali e per il confronto didattico con lɛ collegɛ: questa opportunità che al momento è offerta solo alla primaria, deve essere estesa a tutto il corpo docente, perché il corpo docente collabora in vista di una valutazione dell’intero sistema scuola.

Questo non darà un potere enorme allɛ dirigenti? No, perché i soldi che vengono dati alla scuola devono essere condizionati dalle valutazioni alle scuole stesse, quindi il dirigente che darà soldi alla nipote neolaureata avrà meno soldi dopo (e se la scuola verrà valutata male, riceverà uno stipendio più basso).

L’importante è trattare l’insegnamento come una vera professione.

La valutazione

La valutazione deve essere sullǝ discente, su ogni suǝ docente, sulla scuola e (quindi) su tutto il personale e deve essere fatta dal livello successivo nella vita scolastica poi accademica e infine professionale dellǝ singolǝ: il datore di lavoro (che erogherà uno stipendio commisurato alla sua valutazione), l’università, le scuole di ordine superiore, le classi più avanti. Ogni docente deve insegnare la propria materia o le proprie materie a un anno e non agli anni superiori per garantire una valutazione tempestiva del lavoro agli anni inferiori (e del proprio).

La valutazione deve valutare il delta tra il momento di accesso e quello di uscita e deve tenere presente delle difficoltà specifiche dellǝ singolǝ (BES anche socioeconimici e linguistici, DSA) e del sistema (e: sì, se lɛ tuɛ studenti arrivano tuttɛ da famiglie di professionistɛ con un buon tenore socioeconomico, i tuoi risultati devono essere ridimensionati perché non è detto che sia tu bravǝ ad far uscire tuttɛ quellɛ discenti con otto).

Anche se l’importante per valutare l’efficacia di un sistema formativo è il delta, in classe le valutazioni degli apprendimenti devono essere continue per mezzo di strumenti digitali e di tecniche didattiche e docimologiche innovative. Esistono software che aggirano le scorciatoie.

Gli spazi, e quel che si portano dietro

Servono aule per le discipline e non per le classi: l’ho visto nelle mie piccole esperienze nelle scuole canadesi: è un buon metodo per creare spazi mirati alla didattica e per insegnare che quello non è il tuo banco, ma un bene che condividi con altre persone.

Lɛ studenti non ricevono voti, ma ammissione ai corsi avanzati: lo scopo della scuola è garantire che tutti ottengano i risultati minimi, ma in maniera molto fluida unǝ studente che conosce bene la matematica potrebbe passare dal primo al terzo anno nel giro di pochi mesi. E quindi: ogni studente seguirà corsi diversi: potrebbe essere al primo livello di matematica ma al secondo di geostoria e italiano e magari al terzo di inglese. In questo modo i primi anni di ogni ciclo dopo un po’ sarebbero meno numerosi e lɛ docenti potrebbero concentrarsi su coloro che sono rimastɛ al primo anno perché hanno bisogno di più attenzione.

I tempi, e quel che si lasciano indietro

Il summer loss (cioè quel che unǝ discente perde nel corso delle vacanze estive) è una cosa vera, reale, che danneggia tuttɛ.

Basta vacanze estive di tre mesi: un mese. E poi due settimane di vacanze ogni due mesi, come fanno lɛ francesi. Magari cambiano da regione a regione, come fanno lɛ tedescɛ.

Inizio delle lezioni alle 9 del mattino, pausa pranzo e rientro pomeridiano. Per tutti: chi ha già adesso tante ore di laboratorio può impiegare così il pomeriggio, lɛ altre faranno i compiti. Tendenzialmente niente compiti fuori dalla scuola.

I voti

Abbi pazienza, e ciucciati questa bellissima citazione:

«Un concetto tanto generalmente accettato, quanto privo di reali giustificazioni, è quello di sufficienza. Esso dovrebbe designare le condizioni minime che consentono di considerare positive le prestazioni di un allievo. La sufficienza costituirebbe dunque un termine di separazione all’interno della scala di misurazione del profitto, al di qua del quale si estenderebbe la semidistribuzione positiva, variabile tra un minimo e un massimo, e al di là quella negativa, anch’essa variabile tra un minimo e un massimo. La critica di questo concetto della sufficienza può essere condotta su due piani, il primo tecnico-metodologico e l’altro pedagogico. Dal punto di vista tecnico-metodologico la capacità di un termine di discriminare nettamente tra due serie di misure è affidata soprattutto alla qualità delle misure stesse. Ciò significa che la discriminazione è tanto più esatta quanto più valide e attendibili sono le misure. Tali non sono le misure che si ottengono nelle situazioni didattiche tradizionali, e che anzi riesce persino difficile stabilire a che tipo di scala esse diano luogo. Questa indeterminatezza delle proprietà metriche della scala comporta una probabilità di errore piuttosto estesa; anche se non si vuole respingere del tutto il giudizio che viene espresso sulle prestazioni degli allievi, esso deve essere riferito piuttosto a una fascia di rendimento che a una precisa posizione su una scala. Ne viene che se si individua sulla scala una posizione che funge da termine di separazione, ci sono molte probabilità che i punteggi prossimi a tale termine corrispondano a prestazioni che altrimenti misurate si collocherebbero in posizione diversa rispetto al termine stesso: in altre parole, i giudizi che si fondano su misurazioni prossime alla sufficienza sono sostanzialmente arbitrari, per il fatto che esiste un margine di oscillazione delle misure tale da renderle sostanzialmente casuali all’interno di una certa fascia.

La critica tecnico-metodologica del concetto di sufficienza potrebbe essere in parte considerevole superata attraverso l’adozione di modalità di misurazione più precise. Restano intatte però le riserve che si possono muovere da un punto di vista pedagogico. C’è da chiedersi infatti quale sia il senso delle differenziazioni che si stabiliscono all’interno delle due semidistribuzioni, quella positiva e quella negativa. Supponiamo che si valuti l’apprendimento di un allievo relativo a un determinato contenuto, come potrebbe essere la dimostrazione del teorema di Pitagora. Un’analisi del contenuto rivela che ci sono alcune conoscenze che possono considerarsi preliminari rispetto al contenuto vero e proprio (prerequisiti dell’apprendimento): così l’allievo dovrebbe già essere in grado di distinguere un triangolo rettangolo; di indicarne l’altezza, i cateti, l’ipotenusa; di calcolare il perimetro e la superficie. Se l’insegnante effettua una valutazione preliminare dei prerequisiti, il suo giudizio dovrà essere univoco, e cioè ridursi all’alternativa “l’allievo possiede/non possiede i prerequisiti”. Non avrebbe molto senso affermare che li possiede di più o di meno. Sarebbe infatti come dire “l’allievo A sa cos’è l’ipotenusa, ma l’allievo B lo sa meglio dell’allievo A, mentre l’allievo C lo sa più o meno”. Del tutto privo di logica apparirebbe il giudizio sul versante negativo: “l’allievo D non sa cos’è l’ipotenusa, ma l’allievo E lo sa ancora di meno”. È chiaro che simili differenziazioni non hanno senso […]

Se si passa alla valutazione terminale dell’apprendimento, una volta che la procedura didattica relativa al teorema di Pitagora si sia conclusa, le alternative rimangono le stesse: un allievo sa o non sa dimostrare il teorema di Pitagora, ma non è possibile che lo sappia o non lo sappia dimostrare di più o di meno. La soluzione del problema così impostato richiede una radicale revisione del concetto di sufficienza: essa non dovrebbe più essere considerata un limite minimo, collocato nella parte centrale della distribuzione dei voti, ma semplicemente una condizione di adeguatezza, che consenta di distinguere quando la prestazione dell’allievo corrisponde al compito che gli è richiesto, e quando non lo soddisfa. Se volessimo identificare la posizione che nella scala corrisponde all’adeguatezza, non potremmo che collocarla nella parte alta, decisamente sopra al 6. Potremmo anche dire che una differenziazione più ampia è possibile nell’area dell’insufficienza che in quella della sufficienza: infatti, mentre quest’ultima è credibile solo se è definita in modo univoco, possiamo attenderci che le prestazioni fornite dagli allievi presentino varie misure di inadeguatezza: anzi, è proprio l’intervallo che separa ciascuna dalla condizione di adeguatezza che segnala il problema didattico che occorre affrontare. È evidente che una simile netta distinzione è possibile solo se gli obiettivi sono stati indicati con precisione e se sono stati accuratamente descritti i comportamenti che si attendono: le prestazioni degli allievi devono infatti essere confrontate con essi.»

(Vertecchi B, Una diversa nozione di “sufficienza” , in Benvenuto, G., and A. Giacomantonio. “Un po’ di storia della valutazione scolastica: letture e riflessioni.” Roma: Centro Stampa Nuova Cultura (2008). pag 147)

In una scuola in cui chi sa va avanti e chi non sa ha più tempo per capire non c’è bisogno di voti. Per coloro che hanno bisogno di valutazioni, basterà sapere che una certa persona, alla fine del proprio ciclo scolastico, ha raggiunto la quinta classe in una certa disciplina e la terza in un’altra (dove cinque e tre non sono voti, ma cose che lǝ candidatǝ sa fare).

La scuola deve puntare agli apprendimenti di base al primo anno di ogni ciclo per permettere un regolare flusso “in avanti” di ogni discente.

Le competenze di base

Gli apprendimenti di base devono essere ridefiniti su una analisi realistica delle necessità di una persona nella società contemporanea. Questo vale sia per materie facilmente individuabili come l’italiano (l’analisi grammaticale è importante un decimo della comprensione del testo), la matematica (fare proporzioni o calcolare percentuali è più importante nella vita quotidiana di saper calcolare la superficie della sfera) o la storia (la storia europea del medioevo e dell’oriente medio ed estremo è più importante della storia romana per capire la società di oggi e gli eventi della nostra quotidianità, la storia delle idee e dei commerci è più importante di quella delle battaglie e delle conquiste), ma anche per competenze trasversali, come:

  • riconoscere connessioni, relazioni e sistematicità dell’informazione a partire da frammenti di informazione (come tipicamente accade sui social media);
  • sapere che domande fare (per risolvere problemi o avere informazioni);
  • valutare l’attendibilità delle informazioni trovate o ricevute (ad esempio da una IA o in un social media);
  • valutare la quantità di informazione che vengono cedute nel corso di una interazione.

Queste sono ipotesi di apprendimenti di base da raggiungere nei primi anni di ogni ciclo ovviamente non escludono l’erogazione in un secondo momento dei saperi che tradizionalmente la scuola trasmette, quando ci riesce.

Competenze di base (fonte sconosciuta).

La struttura

Come sai, coltivo la convizione incrollabile che tuttɛ, in una scuola, debbano fare la loro parte: dallǝ dirigente allɛ amministrativɛ, da chi impara alle collaboratorɛ scolasticɛ, dalle famiglie a chi insegna.

Ogni cosa va valutata, anche i sistemi di valutazione; definiti gli obiettivi, però, ci deve essere la massima libertà nelle scelte didattiche (sempre nel rispetto delle leggi e di quel qualcosa in più che le leggi ancora non contemplano ma che migliora lo stato di salute della nostra civiltà).

Anche le materie d’insegnamento devono essere, alla luce delle competenze di base, rivalutate. Ad esempio il triennio deve essere preparatorio al mondo del lavoro o all’università: meno materie ma con un approccio mirato (in molti licei fare trigonometria o analisi non serve, servirebbe magari di più fare statistica). L’università stessa sta già organizzandosi, lentamente, con gli Obblighi Formativi Aggiuntivi a compensare specifiche carenze dellɛ discenti in arrivo dalle scuole superiori.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.