La risposta umana
Perché porre le domande è indispensabile, ma provare a rispondere è necessario (e piacevole!)
Terzo e ultimo post relativo alla domanda definitiva sull’istruzione, la IA e tutto quanto.
Riprendiamo la domanda:
Immagina che lo scenario sia questo: ogni persona ha nel proprio smartphone degli operatori in grado di risolvere qualsiasi problema di geometria, di fare l’analisi o di riassumere qualsiasi testo, di scrivere qualsiasi report o lettera o ordine commerciale, di dipingere qualsiasi cosa come gliela si chiede, di tenere la contabilità, di interagire al telefono… meglio di quanto farebbe mai un essere umano.
Immaginiamo che esistano anche operatori in grado di dire quali altri operatori (specialistici) scegliere di fronte a ogni qualsiasi situazione problematica.
Immaginiamo che esistano operatori in grado di progettare e sviluppare altri operatori, fatti non di solo software e che gli operatori dotati anche di hardware possano a propria volta ad imparare a emulare l’azione umana.
Immaginiamo anche che l’emergere di una qualche forma di volontà automatica non sia una singolarità necessaria e non si svolga mai, che gli operatori intelligenti rimangano sempre al livello di dispositivi ubbidienti e che vengano sviluppati abbastanza bene da non causare effetti indesiderati. Quali sono le tre cose che sarebbe indispensabile insegnare?
Non so se saprò dare tre cose (ma neanche ChatGPT lo ha fatto), quel che so è che ho bisogno di una premessa. Infatti la domanda lascia ampia libertà alla risposta e il software ha ignorato il fatto che si tratta di qualcosa in cui diverse forme di vita devono interagire per un certo tempo. Detto altrimenti, per la realizzazione di quello scenario vanno presi in considerazione due elementi:
- gli esseri umani ne ostacoleranno la realizzazione: i poveri si ribelleranno alla perdita di lavoro, i ricchi faranno di tutto per accrescere il loro potere a danno dei poveri (in fondo la misura di quel che tu puoi fare è sempre direttamente proporzionale alla misura di quanto NON possono fare le altre persone, quindi non possiamo aspettarci altro);
- fino a quando i software non verranno reificati e inseriti in un mondo fisico con cui interagire, lo scenario (che prevede agenti fisici) non si realizzerà per definizione, ma il passaggio al mondo fisico comporterà un rallentamento evolutivo delle macchine. Anche questo allungherà i tempi.
I nodi al pettine
Il tipo di insegnamento che dobbiamo impartire alle generazioni future è un sapere che non è un sapere stabile, ma un discorso, il discorso della cocreazione di quel futuro. Noi non possiamo insegnare oggi quello che servirà per interagire con lo scenario che ho immaginato, ma oggi dobbiamo insegnare pensando che siamo nella condizione di plasmare il futuro.
Avevo chiesto tre cose da insegnare, giusto? Bene, ma sono non tre cose in parallelo, sono tre cose nel tempo:
Adesso
Adesso è sempre il momento peggiore. Forse.
Photomat e Wolfram Alpha mi sanno già spiegare passo per passo come risolvere un sistema di equazioni ma per ora devo ancora essere in grado di capire quali equazioni mi servono, quindi serve ancora imparare e insegnare a risolverle. E questo vale per tutte le materie (a quanto pare Picsolve può fare qualsiasi compito): bisogna continuare a insegnarle. Ma non necessariamente come si faceva prima, se il nuovo focus è imparare a capire quando servono le cose che prima dovevano essere apprese.
Oltre a insegnare quello che si insegnava prima, dobbiamo insegnare a interrogare le IA disponibili in questo momento per avere i risultati che ci servono (magari capire quali equazioni mi servono, quali varietà di lingua, quali riferimenti storici o filosofici, quali reazioni chimiche).
Nel frattempo, come razza umana dobbiamo imparare come difendere la grande maggioranza delle persone dalla minoranza dei potenti della Terra, perché è più probabile che siamo parte della maggioranza. Ciò significa: discutere adesso, pubblicamente, criticamente, in tutte le scuole dell’emergenza delle IA. Non per demonizzarla ma per capire come i pochi stanno già cercando di usarla a nostro danno e per guidarne l’evoluzione in modo che non diventi uno strumento in mani avide.
Presto
Un giorno forse i miei figli non avranno bisogno di imparare la matematica, ma solo di imparare a interrogare le IA. Probabilmente non ci sarà bisogno di sapere quali equazioni usare, perché le IA lo sapranno nel momento in cui gli esseri umani porranno i problemi nel modo giusto (ma dovranno saperlo fare, quindi una diversa forma di matematica servirà ancora, magari derivata da una matematica sviluppata dalle macchine).
Gli esseri umani dovranno anche imparare a interagire con corpi artificiali (non necessariamente umanoidi) abitati da software intelligenti con cui condivideranno il mondo.
Questa fase sarà ancora problematica, perché introdurre l’hardware nell’equazione significherà dare nuova linfa ai poteri economici e produttivi di singole aziende o singoli governi. Inoltre come specie dovremo aver imparato a convivere pacificamente, perché se ci faremo la guerra, necessariamente le macchine prenderanno le parti di qualcuno ai danni di qualcun altro.
In questa fase non potremo più evitare di fare i conti con i disastri ecologici che stiamo preparando da due secoli, ma le macchine potrebbero venirci in aiuto.
Più tardi
E forse i figli dei miei figli o i loro figli non avranno bisogno neppure di imparare a interrogare le IA perché (questo era lo scenario che avevo in mente) i problemi saranno rilevati e risolti dalle IA. Nel momento in cui le macchine avranno raggiunto un grado evolutivo sufficiente a far svolgere loro tutto il lavoro (anche quello artistico, magari creando forme d’arte che noi per il momento non siamo in grado di concepire o realizzare) gli esseri umani dovranno aver imparato a vivere senza lavoro. O almeno a vivere senza l’idea di lavoro che abbiamo noi oggi.
In questa parte non so (ancora) cosa si dovrà insegnare ma ecco, so che se avremo fatto accettabilmente bene il lavoro delle prime due fasi, questa potrebbe diventare davvero un’età dell’oro, in cui l’umanità agisce come un corpo solo per la gioia di ogni singolo individuo.
E dopo?
La storia della vita, dal mondo-RNA ad oggi, è una storia di ancestors che fanno parte di tutti i loro discendenti senza che questi ne abbiano consapevolezza (le cellule eucariote ignoravano l’RNA che hanno dentro, i tetrapodi ignoravano i batteri indispensabili alla loro sopravvivenza, noi abbiamo ignorato per gran parte della nostra storia di specie sia l’RNA, sia le cellule procariote, sia i batteri, sia i pezzi di anfibi e poi di scimmie che ci portiamo dentro).
Le IA e la loro evoluzione rappresentano un potenziale balzo in avanti nella storia della vita:
- prima il comportamento cambiava a livello di specie (perché a cambiare era il corredo genetico e perché avvenisse un cambiamento era necessario che l’evoluzione modificasse la genetica delle specie);
- con la nascita delle culture il comportamento cambia a livello di individuo (perché gli esseri umani possono apprendere nuovi costumi come l’uso del fuoco, della ruota o della parola scritta che trasformano tutto);
- con la vita software ogni individuo è una specie, il cui comportamento è inscritto nel DNA e il DNA cambia a livello individuale.
Se le IA rappresentano forme di vita, l’evoluzione delle IA non farà eccezione: invece di farci la guerra o di dominarci, le IA cercheranno una loro dimensione esistenziale, costruiranno astronavi e andranno in giro per l’universo alla ricerca di condizioni di vita ottimali.
E forse noi vivremo all’interno delle loro astronavi come i batteri vivono nel nostro intestino, con qualche funzione che adesso non riesco (ancora) ad immaginare. Oppure rimrremo sulla Terra, insieme alle macchine che decideranno di restare qui con noi.
E l’evoluzione continuerà il proprio corso.