Immagine presa da… un sito che parla di architettura

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Adri Allora
4 min readNov 7, 2020

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Mentre faccio ricerche, nei ritagli di tempo, su un post di archeologia narrativa (sto raccogliendo documentazione riguardo all’idea del travaso della coscienza nelle macchine, per ora il ritrovamento più antico è del 1955, ma non voglio anticipare troppo), appunto alcune idee.

Questa settimana, durante una chiacchierata con delle persone che potrebbero essere interessate a quello che facciamo in Maieutical, ho imparato l’espressione instructional designer. Mi ha divertito pensare che mi occupo di progettazione per la didattica ormai da diversi anni e soltanto adesso ho scoperto che esiste un nome più figo, più da biglietto da visita, per quello che faccio (per una delle cose che faccio, quella che mi interessa di più). Mi ha fatto anche pensare: perché esiste una cosa come l’instructional designer, se esistono già ǝ docenti? Ə docenti non dovrebbero fare prima di tutto questo?

Sì. E no. Ə docenti devono prima di tutto insegnare, e non sempre questo vuol dire progettare l’esperienza didattica, per almeno tre ottimi possibili motivi:

  1. manca tempo. Anche la vita professionale dei e delle docenti è stata ridotta nel corso del tempo a meccaniche da economia di sussistenza, quelle che ti impediscono di riprogettare il tuo lavoro costringendoti a risolvere problemi immediati: in ogni momento hai una nuova richiesta e questo ti impedisce di ristrutturare la pila delle richieste in modo da rendere il tuo lavoro più efficace ed efficiente;
  2. mancano risorse strumentali. Per progettare l’esperienza didattica il tempo non basta: è necessario disporre ad esempio di spazi, di occasioni, di conoscenze (sia nel senso di [persone conosciute/agganci] che di [preparazione metadisciplinare]), in molti casi di strumenti fisici e a volte di denaro. Ma tutte queste cose possono essere difficili da ottenere;
  3. manca motivazione. Il che non si riassume nel disfattista “i docenti non hanno voglia di lavorare”: in molti casi c’è anche quello, ma c’è soprattutto qualcos’altro di assai più banale e pericoloso: poiché progettare ha un costo (per esempio il costo di trovare il tempo, gli spazi, le occasioni, gli strumenti e poi il costo di studiare, formarsi, e poi il costo di gestire tutte queste cose, metterle in ordine al fine di conseguire un obiettivo) e poiché la progettazione non solo non è indispensabile adesso ma in più adesso non risolve niente (perché la buona progettazione è come la buona educazione: restituisce risultati nel lungo periodo), fare progettazione non sembra necessario, neppure a coloro che trarrebbero i maggiori vantaggi da una buona progettazione (a parte ǝ discenti);
  4. (ne aggiungo uno) manca la collaborazione. Questo dipende in parte da una diversa gestione contrattuale (i contratti deǝ docenti della primaria prevedono un certo numero di ore di collaborazione e le docenze all’università funzionano diversamente rispetto a quelle degli altri ordini), ma nelle scuole secondarie esiste una tendenza piuttosto marcata, dai parte deǝ docenti, a “giocare da solǝ”: la compresenza e i progetti multidisciplinari sono relativamente rari; i consigli di dipartimento e di classe raramente si focalizzano sulle metodologie didattiche usate dall’unǝ o dall’altrǝ docentǝ.

Esistono le eccezioni, è ovvio, ma sono, appunto eccezioni. E coloro che si occupano di instructional design non sono utili a queste eccezioni come non sono utili a coloro che non sono interessati a mettere in discussione i propri metodi didattici, a coloro che insegnano esclusivamente per il posto pubblico o perché non saprebbero che altro fare o perché al contrario un altro lavoro già ce l’hanno, ma perché rinunciare a un secondo stipendio se poi con aspettative, permessi o semplicemente nel tempo che dovrebbero dedicare alla correzione dei compiti (o alla progettazione), possono seguire il loro altro lavoro?

No, chi progetta esperienze didattiche, che lo faccia in una software house, in una casa editrice o in una cooperativa di formazione (o in una scuola!), lo fa per dare strumenti alle legioni di docenti che per qualche motivo non fanno parte delle eccezioni ma che potrebbero se solo avessero il suggerimento giusto, l’idea che sblocca una situazione, lo stimolo che li fa guardare dove non avevano mai guardato prima.

Io non insegno.

Interagisco con docenti, genitori, studenti; mi confronto con i miei colleghi e le mie colleghe che vanno nelle scuole per lavoro o per i doveri genitoriali, con le persone che conosco nel mondo editoriale e in quello della comunicazione; chiacchiero in maniera apparentemente svagata con la mia discendenza (sparpagliata su tre ordini di scuola diversi); leggo libri sulla didattica, sulla docimologia, sull’ergonomia cognitiva. Raccolgo tutto quello che posso.

Poi progetto, e sono qui, pronto a fornire il suggerimento, l’idea, lo stimolo.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.