Una cosa che non ho mai fatto

(e di cui spero di non vergognarmi)

Adri Allora
26 min readJul 14, 2023

Premessina

In famiglia c’è una discreta aspettativa sul film di Barbie. Chi per via della regista (di Greta Gerwig abbiamo apprezzato Ladybird (si riaccendolo le luci in sala e la piccola mi chiede: “Cos’è che vuol dire perdere la verginità?” È lì che ho capito che mi diverte parlare di educazione sessuale in pubblico) e Frances Ha, per esempio), chi per via di un film su un giocattolo, chi per via di un film “molto anni ottanta”.

Qui su medium non ho mai scritto niente di narrativa, ma questo vecchio testo su un giocattolo tanto non vedrà mai la luce altrimenti, quindi tanto vale fargliela vedere così. Questo è il mio film sui giocattoli degli anni ottanta.

Mi sono divertitǝ molto a scriverlo, spero che tu possa divertirtirti a leggerlo.

Ecco quello che ti aspetta. E qualcos’altro…

L’altro modo di gestire la questione

uno

La mano di plastica di Biggìm traccia sul vetro della finestra il profilo della massa di fan accampatɛ davanti a casa sua.

Fan umanɛ. Boomer in tuta blu o maglia blu con testa di lupo e pantaloni bianchi che lo ricordano nei suoi momenti d’oro (principalmente l’uscita del PACK nel 1976 e la versione 004 del 1986 con ben sei facce intercambiabili) e nuovɛ fan più giovani ma che hanno ereditato la passione per quegli anni e quegli oggetti. Aspettano pazienti la comparsa dell’idolo.

Un idolo triste, solo, svuotato di ogni energia.

È uno di quei momenti in cui pensa che avere sei facce non serva a niente.

La voce di Adam alle sue spalle è calda e profonda:

— Devi trovare qualcosa da fare, altrimenti impazzirai. Quella svalvolata bionda, come si chiamava? Non ti interessa?

Biggìm non riesce a scollare lo sguardo dal vetro:

— Barbara? No, dopo l’incidente con Fresca Rugiada non mi interessano più le ragazze…

Adam si alza con uno scatto dal divano in cartoncino marrone, si avvicina:

— Lo sai, se è per quello puoi sempre… — Se avesse un fiato potrebbe alitargli sul collo.

Non avendo a disposizione una faccia che esprima moderato disappunto, il volto di Biggìm vira verso la faccia numero quattro, “rabbia belluina”, e si volta, rigido:

— Ma per chi mi hai preso? Io sono fatto per l’avventura, non per… per… per le romanticherie! — Ma si affretta ad aggiungere — Eccetto che nella versione messicana “007”, quella era anche capace di amoreggiare. E con una sola espressione!

Adam sospira, si passa una mano sulla massa plastica dei capelli gialli, si fa aria sui pettorali appena trattenuti dalla maglia bianca e dal gilet rosa con le spalline e va verso il tavolinetto davanti alla televisione. Biggìm passa alla faccia numero tre: “viscerale disperazione”.

— Ma come puoi capirmi, tu: ti hanno addirittura fatto il gioco da tavola. Due! E i film… i film!

Adam flette i muscoli e preme un tasto sul telecomando. In tivù compaiono una giornalista umana in blusa oltremare e bordi bianchi e Ken reporter con gli occhiali a montatura spessa e la cravatta a saette azzurre. Parlano di cose, Biggìm è troppo troppo preso dal proprio senso di smarrimento per capire le parole. Pensa che quella versione di Ken non può nemmeno piegare le ginocchia.

— Per il castello del Teschio Grigio, hai sentito?

— Cosa? — Biggìm sembra risvegliarsi.

Adam accenna allo schermo:

— Dice che Elon Lichen sta cercando gente per andare su Marte. Un viaggio di sola andata.

Passa un attimo. Poi un altro. Poi un tempo sufficiente a un trenino di anzianɛ di fare il giro del salotto, quindi Biggìm quasi urla per l’eccitazione:

— Ecco quello che devo fare! — La sua faccia è la numero uno, “gioia esaltata”.

Il tono di voce di Adam tradisce timore:

— Ma non puoi! Tu… tu…

— Perché no? Nel 1979 sono stato Biggìm Space Leader e nel 1980 sono stato anche Capitan Futuro, anche se solo nel mercato italiano.

— A parte che la tecnologia è cambiata un po’, negli ultimi settant’anni, ma hai mai imparato qualcosa nel fare queste cose?

Ecco la dimostrazione che Biggìm aspettava di poter dare:

— Certo: guarda.

E si esibisce nel famoso colpo di karate con la mano aperta.

— E dal 1977 ho anche le mani prensili! — Aggiunge entusiasta.

— Ma sai pilotare un’astronave?

Biggìm lo interrompe appoggiandogli una mano sulla spalla:

— Ho un mucchio di vestiti tostissimi, e questo basta.

Il tono della voce e il contatto fisico fanno rimpiangere ad Adam di non indossare la sua divisa BDSM col perizoma in pelliccia e il pettorale di metallo con la croce rossa: gli batte forte il cuore mentre pensa come saprebbe dimostrargli perché li chiamano Dominatori dell’Universo.

due

— E questa, signor Biggìm, sarà la sua partner nel corso della spedizione, la dottoressa Samantha Butler. — Dice sorridente l’umano con il pizzetto e una benda sull’occhio (se invece della benda ci fosse un monocolo, sarebbe quasi uguale alla sua faccia numero due).

È in una delle numerose sale riunioni della Bravestarr inc., al secondo piano della lussuosa sede di El Segundo: fuori dall’edificio le palme ondeggiano sospinte dal vento tra le gigantesche sculture cromate di razzi e revolver.

È cambiato tutto, da quando lɛ umanɛ sono arrivatɛ: hanno reso il mondo più difficile e complicato, però hanno anche portato la storia, e il tempo. E fin lì, sembrava di aver fatto un affare. Però… il potere, per esempio è tipo incredibile che questo anziano sia il responsabile della sua missione, ma è così: lɛ umanɛ hanno portato le loro gerarchie e loro non hanno saputo sottrarsene.

Biggìm guarda la donna che ha appena varcato la porta a vetro e non riesce a trattenersi dal cambiare faccia ma, non avendo a disposizione un “disgusto malcelato”, deve optare per la numero cinque “impegno concentrato”. Se avesse le dita che si separano, ne porterebbe due alla bocca: un gesto che indica “vomitare” e che ha visto fare allɛ umanɛ.

— Scommetto che non ha mai indossato altri vestiti.

La donna indossa un tailleur bordeaux giacca e pantalone con scarpe basse completato da uno zainetto nero e uno sguardo penetrante:

— Ho quattro dottorati, signor Biggìm, quello che indosso è l’ultimo dei miei pensieri.

È come se non avesse detto niente:

— Me la immagino da neonata, con lo stesso completo, ma più piccolo. Alto almeno… la metà.

Ma non è l’unico a ignorare le parole altrui: la donna si volta verso il responsabile del progetto e dice:

— In primo luogo vorrei capire perché sono io ad essere presentata a lui e non lui a me. E in secondo luogo ho bisogno di sapere perché non ho un partner dotato di una, e dico una, qualsiasi competenza.

Biggìm vorrebbe indossare la faccia numero quattro “rabbia belluina” ma fa confusione e parla con la numero due “monocolo e pizzetto”:

— Hey, bella, ti ha presentata perché sarebbe stato scortese farci parlare senza presentarci e poi

— Intendevo perché tu — e gli punta l’indice sul petto, — non sei stato presentato a me.

Biggìm è colto di sorpresa, si gratta la capigliatura monoblocco e risponde:

— Ma… perché io sono io…

Il tono di Samantha è derisorio:

— Il classico maschio bianco cishet che pensa che il mondo giri intorno a lui.

Rabbia belluina, adesso sì:

— Non permetterti, sai? Potrò non essere adatto ai bambini di età inferiore ai 36 mesi, ma cisèt non me l’ha mai detto nessuno! E poi che cosa significherebbe?

La donna alza gli occhi al cielo e si rivolge al responsabile di progetto:

— Davvero volete mandare su Marte un uomo che crede che una neonata sia alta metà di una persona adulta?

Il responsabile sorride:

— Stiamo parlando di Biggìm, una vera celebrità che ha deciso di immolarsi alla causa dell’esplorazione interplane

— Come ho già fatto — lo interrompe Biggìm — a partire dal 1979 in qualità di Space Leader, Laser Gunner e addirittura Capitan Laser…. con gli occhi che si illuminavano!

Il responsabile guarda Samantha e indica l’uomo di plastica:

— Vede, dottoressa, la visibilità che ci darebbe la prima missione interspecie, con un rappresentante dei bambolotti

— Action figures. — Lo corregge Biggìm.

— Come?

— Preferiamo essere chiamati action figures. — Gli spiega.

— Oh, certo, mi scusi. Dicevo: con un rappresentante delle ac

— Degli.

— Come?

— Al maschile. Sono un maschio, quindi… — Lascia in sospeso la frase. Il responsabile è interdetto:

— Ma lei non ha neanche il pene!

— Come se avere un pene o no facesse veramente la differenza sull’essere o meno un maschio! — È la repliuca piccata di Biggim

Poi il responsabile vede che anche la dottoressa Butler si aspetta una sua capitolazione e sospira:

— Ehm, va bene. Dicevo: la presenza di un rappresentante degli action figures

— E delle action figures. — Lo interrompe Samantha — Oppure dellɛ action figures, se preferisce.

Il responsabile è colto di sorpresa, si aggiusta nervosamente la benda sull’occhio, si schiarisce la gola e riprende:

— Certo, dellɛ action figures, è corretto. Dicevo, un rappresentate dellɛ action figures di così grande prestigio conferisce prestigio a tutta la missione E per tutto il resto, c’è lei! — E sorride.

La scena in quel momento è da museo delle cere, il tema del diorama “sconfortata afflizione della donna di fronte alla stupidità interspecie”, ma gli uomini presenti non se ne rendono conto.

tre

Adam sospira. Biggìm si sta provando per la centesima volta gli abiti, e non è un’iperbole.

— Ma questa Butler… com’è? — Chiede Adam.

Biggìm scoppia a ridere:

— Ah! Dovresti incontrarla, una tipica umana.

Il principe di Et’Ernia fa il gesto di mettersi più comodo sul divano in cartoncino:

— In che senso?

— Guarda, ci ho parlato insieme saranno state tre volte: una noia mortale, voleva diventare astronauta sulla Terra dellɛ umane e ha trascorso tipo anni a studiare e allenarsi quando sarebbe bastato trovare un’astronave a salirci su, — Adam sta per dire qualcosa, ma Biggìm è una locomotiva — poi hanno aperto il Varco e ha voluto venire qui… e lo trova eccitante! Cioè, capiscimi, a volte guarda le cose più normali e sembra che sia stata ipnotizzata.

— Magari dipende dal fatto che vede le differenze tra il suo mondo e il nostro.

— Ma dài: il nostro è fatto a immagine e somiglianza del suo, che cosa potrà esserci di diverso?

— Noi action figures siamo diversɛ dallɛ umanɛ.

— Sì, ma questo che c’entra con il resto?

Adam allargherebbe le braccia se i gomiti lo permettessero, invece si limita ad attestare con plastica impassibilità la propria incapacità di capire l’incapacità di capire dell’amico.

— Comunque, — torna al punto il principe biondo — sembra una persona interessante.

Biggìm butta a terra i pantaloni verdi della linea Sandokan e con indosso solo la camicia aperta a righe verticali gialle e rosse si para di fronte ad Adam:

— Ma se è di una noia mortale! Una volta sono rimasto chiuso nella barca a remi per due ore ed è stato più divertente che parlare con la… professorona Samantha Butler!

E qui si verifica un cortocircuito nel cranio di Adam, perché se da un lato non riesce a capire con l’oggetto del suo desiderio possa essere rimasto chiuso in una barca a remi (l’ha vista, quella barca, ed è una normalissima barca a remi: è aperta sopra), dall’altro la nudità di Biggìm dalla cintola in giù gli provoca una precipitazione delle facoltà mentali. Se avesse il coraggio di dichiararsi e di alzare la spada di fronte a Biggìm, gli farebbe urlare di piacere “Per il potere di Greys

I suoi pensieri sono interrotti da Biggìm, che si siede al suo fianco, faccia “impegno concentrato”:

— Ho un po’ di paura, sai?

— Allora non andare! Rimani qui, continuiamo a fare la solita bella vita, potresti venire al castello per qualche tempo!

— No, lo sai, il tizio con la faccia molto magra mi mette a disagio. E poi il tuo gattone mi guarda sempre male. E poi non posso cedere alla paura. E poi… devo, voglio fare anch’io qualcosa di straordinario, come lɛ umanɛ che hanno aperto il Varco… ci pensi? Hanno cambiato la storia della loro civiltà con il loro viaggio verso di noi!

Adam non è impressionato:

— Potevano continuare a giocare.

— No, non puoi fermare il tuo ingresso nell’età adulta, ma puoi mantenere la tua meraviglia non smettendo di sognare.

Adam si volta e lo fissa:

— Ma che stai dicendo?

— L’ho sentito alla televisione…

Il principe di Et’Ernia si alza in piedi:

— La televisione! Quello prima e poi i telefonini, ecco cosa ha portato al nostro declino!

Prima di ascoltare una replica che comunque non sta arrivando, alza entrambe le braccia:

— È meglio che vada. Conosco la strada.

Biggìm lo segue con lo sguardo, non capisce quel che è successo. Poi il suo sguardo si ferma sulla maniglia della porta. Chissà se le porte dell’astronave hanno le maniglie fatte così. Chissà se nel suo film su questo viaggio le maniglie delle porte dell’astronave saranno fatte così…

quattro

Il giorno della partenza Biggìm si presenta a bordo del suo Biggìm Sports Camper marrone, con l’adesivo della tanica d’acqua sul fianco sinistro, una colonna di bauli pieni di vestiti sul tettuccio e quattro cavalli al seguito.

Il tono del responsabile è stridulo:

— Ma non è possibile, signor Biggìm, portare tutte queste cose! Capirà: nel razzo non c’è abbastanza spazio e poi, i cavalli… i cavalli…

— Se io non ho bisogno di addestramento perché non dispongo, parole sue signor responsabile, di una muscolatura vera e propria né di organi interni, questo vale anche per loro. E se il problema è lo spazio li possiamo anche legare fuori dall’astronave con uno spago.

Samantha è irritata:

— Cose umane: quando siamo venutɛ qui abbiamo portato un po’ della nostra fisica. Quindi. Niente. Cavalli. E neanche vestiti: su Marte non avrai bisogno né degli shorts hawaiiani né della giacca di pelle con le frange.

Biggìm si appoggia la mano al petto (insomma, il più possibile considerando l’impossibilità di piegare il gomito):

— Hai studiato le mie linee, bella, sono commosso!

Samantha tenta di arginare la gastrite voltandosi verso il razzo e stringendo i pugni. Non funziona.

Appena Biggìm vede la tuta che lɛ umanɛ della Bravestarr gli portano, esclama:

— Ma è argentata! È come nella Spy series, space mission set! Però… ha anche i guanti!

E mentre lo aiutano a indossarla (“Eh, non ho mai imparato a vestirmi da solo!”, “Qualcuno ha avvertito la Butler? Quella lo fa a pezzi.”, “Signor Biggìm, non si cambi d’abito mai, capito?, mai!”) si prepara al momento in cui deve salire sul razzo: raggiunge la soglia del corridoio che conduce alla rampa, si volta indossando la faccia numero tre, “viscerale disperazione”, e tende il braccio verso gli equini di plastica:

— Addio Tempest! Addio Furia! Addio Pinto! Addio Ouragan!

Dall’interno del corridoio arriva la voce di Samantha:

— Muoviti scemo, non si renderanno neanche conto che sei partito.

E mentre lui si appresta a seguirla risponde:

— Nessuno dei tuoi quattro dottorati è in buone maniere, vero, bella?

E non vede tra la folla di fan e di parenti (Big Giosc, Big Gek, Torpedo Fist e tutti gli altri) Adam che lo saluta con un gesto malinconico (si è fatto prestare da Sorceress un fazzoletto per poterlo muovere come nei vecchi film umani).

Il viaggio è seguito dallɛ telespettatorɛ delle due Terre, quella dei giocattoli e quella degli esseri umani, e Biggìm è esaltato dalla prospettiva di nuove edizioni delle sue linee, magari anche di un film, come non si stanca di ripetere a Samantha.

Praticamente invece del conto alla rovescia sentono Biggìm che descrive come vorrebbe che fosse il suo film, poi per fortuna l’urlo dei motori sovrasta la sua voce e, dopo che sono uscitɛ dall’esosfera, lei gli dice di stare zitto e aspettare la chiamata dalla base per parlare con lɛ fan. E lui sta zitto perché l’idea di essere al centro dell’attenzione lo focalizza sui suoi obiettivi con la stessa intensità di un maestro orientale.

Quando sono nello spazio, si scopre che lui si muove con naturalezza a gravità zero, perché qualcosa della fisica dei giocatoli è rimasta, mentre per la dottoressa Butler i mesi di addestramento all’ESA sono appena sufficienti.

Cioè, sarebbero più che sufficienti se non dovesse alternare attività scientifiche e di pilotaggio a babysitting nei confronti del maschione di plastica che quando ha visto la plancia di controllo ha preteso di schiacciare bottoni secondo la sua esperienza di volo.

— Ma nessuno dei tuoi mezzi comprendeva un’astronave. — Gli ha detto gelida Samantha a un certo punto.

Non ricordandosi dell’incursore stratosferico, lui vorrebbe una faccia tipo “sei una serpe amante dei colpi bassi che neanche il professor Obb Overlord” ma non ce l’ha e deve ripiegare sulla numero cinque, “impegno concentrato”. In realtà l’emotività gli gioca un brutto scherzo, e alcune ore dopo (ore di noia pura, comunque) si rende conto di aver indossato per tutto il tempo la numero due, “monocolo e pizzetto”.

cinque

Durante il primo mese a un certo punto vedono un oggetto non identificato galleggiare nello spazio, non riescono a capire a che distanza sia perché mancando punti di riferimento potrebbe essere effettivamente un sigaro argentato a due metri dallo scafo oppure una struttura titanica a seimila chilometri. Biggìm sbarella:

— Dobbiamoandareavederla! Dobbiamoandareavederla! Dobbiamoandareavederla! Dobbiamoandareavederla!

Samantha è curiosa, questo nuovo universo è ancora tutto da esplorare, ma hanno una missione e non vuole metterla a rischio:

— Smettila, sembri Ken.

Questo sembra mortificarlo, e un malizioso piacere si insinua dell’animo della dottoressa Butler, la quale poi però si pente dei propri sentimenti e giura a se stessa che mai e poi mai userà più questo argomento. Invece Biggìm la mette alla prova senza alcun tipo di remora (“Se continui a sbuffare chiederò che il tuo ruolo nel mio film venga interpretato da una attrice con un cattivo gusto per i vestiti!”, ”Non potrebbe fregarmene di meno!”, “Già, perché per te sarebbe comunque un passo avanti!”), tanto che al terzo mese di volo Samantha chiede supporto psicologico, o di poter staccare la testa del suo compagno di viaggio e chiuderla in uno scompartimento stagno. Accettano la prima proposta e bocciano la seconda ma le concedono qualcosa di più prezioso: dedicano il settanta percento della banda per le comunicazioni con le due Terre e tengono occupato Biggìm con lɛ fan.

Lui non è così contento dal 1986. E neanche Samantha, che nell’ottantasei non era ancora nata.

Quando si instaura finalmente una routine i loro rapporti sono praticamente quelli di un marito e una moglie che svolgono un lavoro intellettuale retribuito a forza di “fa curriculum” cui la quotidianità ha divorato le esistenze: si incontrano solo per i pasti (quelli di Biggìm sono nove pietanze di plastica che lui fa il gesto di mangiare e che vengono riposte e ritirate fuori a rotazione, Samantha crede di capire che lui veda il cibo consumato effettivamente consumato finché non scompare dalla sua vista), raccontano quel che hanno fatto, magari guardano un film insieme, poi ognuno va nel proprio letto. Al quarto mese la dottoressa inizia a sospettare che un certo Adam stia facendo il filo a Biggìm, e ne sarebbe contenta, se solo anche lui desse segnali di averlo capito o almeno non dimenticasse l’esistenza di questo misterioso spasimante ogni volta che gli viene chiesto di pensare a qualcos’altro.

Poi, “pensare”.

Biggìm e Adam si sentono un giorno sì e uno no e questo non è un problema, senonché a un certo punto il compagno di viaggio di Samantha ha chiesto ai tecnici della Bravestarr di poter attaccare un cavo e una cornetta al computer della sala comunicazioni e poi ha chiesto di poter aggiungere delle prolunghe, quindi dopo il quarto mese lei se lo trova in giro per il razzo (ovunque, anche chiuso in bagno) attaccato a una cornetta a parlare come un tredicenne col migliore amico. Negli anni ottanta del secolo scorso.

Lei ha sempre fatto finta di niente fino al giorno in cui, mentre Biggìm controllava allo specchio come calzasse la tuta argentata, con la cornetta a tutto volume appoggiata sulla brandina, ha sentito Adam che gli parlava:

— …E ho sentito tuo cugino Giosc, ha detto che si è messo con un’umana ma, senti questa perché mi ha fatto troppo ridere, a quanto pare hanno litigato perché una volta lui le ha detto qualcosa del tipo: amore, non ho potuto fare a meno di notare che quando siamo soli e io ti faccio quella cosa con la bocca tu non smetti di dire “oh dio, oh dio, oh dio”. Chi sarebbe questo dio? Vedi anche un altro?

E Adam scoppia a ridere, e anche Biggìm scoppia a ridere, e commenta:

— Davvero! Pazzesco: l’umana ha sbagliato nome per tutto il tempo!

Adam smette di ridere di colpo.

Anche Biggìm smette di ridere di colpo (e forse indossa la faccia “calma concentrata”).

Samantha scoppia a ridere di colpo.

Biggìm si sporge al di là della soglia della sua stanza:

— Stavi origliando?

— Ma figurati: passavo di qua e ho sentito. Era difficile fare altrimenti, con la porta aperta.

— Non posso chiudere la porta, con il cavo.

— Ecco, parliamo dei quattordici metri di cavo telefonico che ti porti in giro per tutto il razzo.

— Non rivoltare la frittata: io e Adam stavamo parlando di fatti nostri.

— Giuro che non volevo origliare!

— A-ha! Quindi l’hai fatto! Aspetta. — Torna nella camera, ne esce con la cornetta in mano e gliela porge — Chiedi scusa ad Adam, visto che di me non hai alcuna stima.

Samantha gesticola che non è vero che non ha alcuna stima di Biggìm (falso), poi che preferirebbe non parlare con Adam (vero), ma il suo compagno d’avventura insiste, quindi lei sbuffa e prende in mano la cornetta, abbassa il volume con un ordine silenzioso al computer che gestisce il razzo e dice:

— Ciao. Scusa. — Ha il tono di una bambina costretta col ricatto a chiedere scusa alla sorellina che ha appena pestato con enorme soddisfazione. Però ascolta la risposta e scoppia a ridere, poi qualcosa cambia nel suo tono, si attorciglia il filo intorno all’indice della mano sinistra (Biggìm la invidia da morire) ed esce dalla stanza chiacchierando amabilmente con Adam.

Ottantatré secondi dopo che è rimasto solo, Biggìm capisce che qualcosa non è andato come si aspettava. Si guarda intorno contrariato (anche se ha appena messo la faccia “rabbia belluina”, è che non ne ha una per un’incazzatura media o lieve, a parte la numero due, “monocolo e pizzetto”), poi esce a cercare la sua compagna di viaggio.

Ma tre passi dopo aver varcato la soglia inizia a pensare se questa scena sia meglio metterla nel film oppure no, e poi si chiede con quale musica accompagnarla, non è un esperto ma ha una smodata passione per “The Eye of the Tiger” e, insomma, si dimentica il motivo per cui era uscito dalla stanza.

sei

Dopo sette mesi di viaggio e la certezza che Adam è innamorato perso, il razzo atterra sulle Columbia Hills con una manovra perfetta.

— Comando, non avete idea di quello che sto vedendo. — Mormora Samantha con gli occhi fissi sugli oblò.

Per la sorpresa ha dimenticato di riaccendere le telecamere esterne.

— Ce l’abbiamo, dottoressa Butler, abbiamo tutti i rilievi delle altre missioni e non c’è motivo di credere che questo Marte sia significativamente diverso da quello di Terra Uno.

— Lɛ alienɛ! Ci sono lɛ alienɛ! — Urla in un parossismo di eccitazione Biggìm. Parossismo che lo induce a cambiare faccia in rapida successione, passandosele tutte e sei finché non si assesta sulla numero uno, “gioia esaltata”, che è quella giusta.

— Alienɛ? — Ripete la voce dal Comando missione. Prima che la scienziata possa rispondere, Biggìm si slaccia la cintura di sicurezza e corre verso l’uscita. Poi sembra di stare in un ascensore bloccato con un bambino a cui scappa tremendamente la pipì.

Quando escono, insieme, Samantha controlla il respiro e, consapevole del fatto che le telecamere stanno trasmettendo verso la Terra questo momento topico della storia dell’umanità, cerca di non guardare verso il suo compagno di missione, che per come si comporta potrebbe aver pippato due etti di cocaina.

Lɛ marzianɛ fissano il razzo, poi loro due.

Ogni marzianǝ è completamente di un solo colore: verde, rosa, arancione trasparente, rosa carne opaco, bianco, blu metallizzato, rosso. Pelle e vestiti sembrano tratti dallo stesso stampino. Sono umanoidi, ma non tuttɛ perfettamente umanɛ: alcunɛ hanno teste come lucchetti a combinazione, altrɛ sono troppo squadratɛ o hanno la testa a forma di cerchio o di elmo. Sono più piccolɛ di loro, arriveranno a occhio e croce a mezza coscia. Immobili, fissano lɛ terrestri.

Samantha alza lentamente la mano aperta: non era preparata a questo ma le sembra una buona approssimazione di un gesto non aggressivo.

Biggìm corre verso lɛ marzianɛ urlando:

— MA VIEEENI! — Arriva in scivolata in ginocchio, ne prende uno e lo lancia in aria ridendo.

Il pubblico da casa vede l’inquadratura scivolare verso il basso e poi diventare nera: Samantha si è messa le mani sulla faccia.

C’è un attimo in cui Samantha pensa “adesso ci ammazzano”, ma dal piccolo corpo muscoloso dellǝ marzianǝ esce un urlo che suona come un “UIIII!” con una voce così bassa e profonda da farle tremare le ginocchia, e poi tutto sembra andare per il meglio: in qualche misterioso modo le cose si riaggiustano: lɛ accolgono, lɛ conducono — attraverso le grandi porte nascoste nei canali di pietra — nella città sotterranea in cui vivono, vengono presentatɛ al loro re elettivo, Kinniku King, che non voleva essere re “perché è molto meglio leggere buoni libri, giocare a giochi da tavola e rilassarsi bevendo grog che comandare” ma è stato eletto e non ci si tira indietro quando viene chiesto per cortesia da dodici miliardi di concittadinɛ.

Quello di Marte è un popolo evoluto e pacifico, amante della cultura e della scienza. Hanno uno sproporzionato senso dell’onore e del rispetto delle regole, cosa che li fa guardare con sospetto a Biggìm, di cui però apprezzano la schiettezza.

A un certo punto in una delle prime visite nella loro città sotterranea, dove coltivano i funghi da cui ottengono il grog e dove trascorrono la maggior parte del tempo, Samantha domanda cosa sono i grandi tubi di metallo che attraversano in verticale la caverna.

— Ah, quelli, terrestre, sono le reliquie del nostro belligerante passato, di prima del Balzo Di Civiltà: si tratta dei silos delle testate nucleari che sviluppammo prima di renderci conto che la guerra è una perdita di tempo.

— Sono giganteschi. — Commenta la scienziata.

— Vero, potremmo impiegare meglio quello spazio, ma abbiamo già smantellato il grosso dell’arsenale, e nessuno ha voglia di rimettere mano a tutto quell’uranio.

— E non avete paura di… — Non sa neppure che pericolo descrivere.

Il marziano con cui sta parlando fa un gesto con la mano come se scacciasse una mosca:

— Ma no: abbiamo dei software intelligenti che controllano che sia tutto ok, solo il comando di Kinniku King può scatenare il loro potere distruttivo.

E a quel punto, per una di quelle imprevedibili connessioni che fanno a volte le reti neurali, Samantha domanda:

— Ma sapevate di noi?

— Oh, certo, vi osserviamo da decenni, ma non siamo mai statɛ interessatɛ a raggiungervi. Troppo arretratɛ.

— E… avreste potuto?

— Ovvio.

Trascorrono le settimane e le strade di Samantha e di Biggìm si separano: la dottoressa è affascinata da questa cultura democratica, pacifista ed egualitaria, e non impiega molto tempo a crearsi una piccola famiglia poliamorosa, mentre Biggìm vive mille virili avventure con lɛ suɛ nuovɛ amicɛ.

Entrambɛ continuano comunque a fare rapporto, o tenere i contatti, rispettivamente con il Comando missione e con lɛ fan.

L’ultima volta che si parlano, litigano: a un certo punto Samantha urla a Biggìm:

— Kraag, si chiama Kraag la loro città!

Non è quello il vero motivo per cui è così arrabbiata, ma quello fa traboccare il vaso.

— È un nome brutto, io la chiamo Città Sotterranea.

— Ma è sbagliato, come se loro venissero sulla Terra e dicessero: “Ulan Baator è un nome brutto, d’ora in poi la chiamiamo Città montuosa”.

— Hanno ragione, Ulan Baa… aspetta, è un vero nome di una vera città della Terra?

— È quello che ti sto dicendo.

— Ah, no, allora non è giusto: devono chiamarla col suo nome.

— E con Kraag non è lo stesso?

— Be’, no: offende il mio senso estetico terrestre.

Samantha lo guarda sconsolata:

— Tu sei irrecuperabile.

Biggìm mette la faccia numero sei, “calma concentrata”:

— La chiamerò Città Sotterranea K e tutti felici, sei contenta così?

Lei ruggisce qualcosa che contiene le parole “fatuo” e “coglioni” e se ne va.

Ed va tutto bene, sbollita la rabbia, fino a quando, mentre fa rapporto al comando missione, dalla Terra il responsabile lancia un allarme:

— Dottoressa Butler, ehm, potremmo avere un problema.

— In che senso?

— Riguarda il signor Biggìm.

— Ah, allora perché solo uno?

— Ah. Ah. — Ma non sta ridendo — Ha lasciato in mano a dellɛ marzianɛ la propria videocamera e, da quel che abbiamo capito di quel che vediamo, sta giocando d’azzardo con re Kinniku King. I nostri analisti credono che si stia giocando l’astronave…

Un brivido gelido percorre la schiena di Samantha, che lascia il responsabile nello schermo, si infila in fretta la tuta e corre alla grotta d’accesso a Kraag, dove già inizia a vedere lɛ marzianɛ affollatɛ intorno alla collinetta sulla quale Biggìm e Kinniku King giocano a dama.

— Biggìm! — “Imbecille!” vorrebbe aggiungere, prenderlo per un orecchio e trascinarlo all’astronave. Ma ci sono centinaia di piccolɛ marzianɛ tra di loro, e comunque lui non ha le orecchie. Non orecchie staccate dalla testa o separabili dai capelli, comunque.

Il re quando la sente si volta e, mentre è girato, Biggìm sposta due pedine sulla scacchiera. Quando Kinniku King si volta di nuovo, Biggìm fa la sua mossa (una mossa fallimentare, comunque) e urla:

— Scacco matto! — E si alza in piedi e si mette a ballare sul posto.

Lɛ marzianɛ sembrano pietrificatɛ, poi iniziano a rumoreggiare stupitɛ. Qualcunǝ urla. Su un megaschermo, che Samantha vede solo quando un cospicuo numero di marzianɛ lo indica, passa a ripetizione la sequenza dell’inganno perpetrato da Biggìm.

E poi ha urlato “scacco matto” in una partita a dama: questo terrestre non ha nessun rispetto per le regole!

Hanno uno sproporzionato senso dell’onore e del rispetto delle regole, aveva riportato al Comando missione, giusto?

Senza dire una parola, Kinniku King si alza fremente dalla sedia e se ne va a grandi passi, mentre Biggìm mette la faccia numero cinque, “impegno concentrato”.

Lɛ marzianɛ sciamano ordinatamente verso Kraag, alcunɛ lanciano uno sguardo carico di disprezzo verso l’umana e l’action figure. Lei prende lui per il polso:

— E adesso vieni con me. — E lo trascina verso l’astronave.

Si sentono in lontananza le sirene che iniziano a strillano a Kraag, e quando sono dentro l’astronave la voce del responsabile lɛ accoglie cinque ottave più alta di quanto sono abituatɛ.

— Dottoressa Butler, perché abbiamo ricevuto una dichiarazione di guerra da re Kinniku King?

Chiede.

Samantha si volta verso Biggìm e vorrebbe picchiarlo:

— Anni di studio, di sacrifici, di allenamenti durissimi e tu, tu… inutile pezzo di plastica hai rovinato tutto! Tutto!

Biggìm capisce finalmente cosa sta succedendo:

— È successo qualcosa che mi sono perso?

Samantha cade seduta, e si appoggia come una bambola di pezza alla parete del razzo.

Biggìm cammina avanti e indietro, non sa cosa fare. Vorrebbe avere una faccia adeguata a rappresentare il misto di confusione e altra confusione che si agitano dentro di lui adesso.

— È vero, forse ho sbagliato, ma

Samantha lo aggredisce:

— Forse hai sbagliato? Forse? Sei un imbe

— Maa, fammi finire, ma noi siamo così. Come avete detto al vostro arrivo sulla nostra Terra, di polimeri o di carbonio, siamo comunque umanɛ e, questo lo aggiungo io, lɛ umanɛ sbagliano. Di continuo. Anche tu sbagli. Insomma, credo. Quello che voglio dire è che quando voi persone di carne siete venute nel nostro mondo, è stata una cosa pazzesca, ma anche molto difficile, perché voialtri vivete in modo proprio diverso: avete un mucchio di capi e non unǝ-solǝ-che di-solito-sono-io e non si capisce bene chi è bravǝ e chi è cattivǝ (a un certo punto pensavo fossi la mia nuova nemesi!) e poi non andate mai d’accordo neanche tra lɛ bravɛ! Però per tentativi ce l’abbiamo fatta, perché è grazie ai propri errori che l’umanità progredisce, ed è grazie a persone come te, superpreparate-anche-se-dotate-di-un-guardaroba-sciatto, che trasformiamo gli errori in conoscenza.

Samantha rimane interdetta, non credeva Biggìm capace di una simile oratoria, aspetta qualche attimo, durante il quale lui riassapora alcune avventure vissute nei panni di 007 quando era anche in grado di usare il suo fascino, poi lei domanda:

— Stai dicendo che tu hai fatto il casino e io devo metterlo a posto?

Mancando di un volto per l’imbarazzo, l’action figure opta per l’espressione numero due, “monocolo e pizzetto”, e se potesse si torcerebbe le dita, invece può solo far toccare le punte delle mani a pinza.

Samantha lo osserva e poi scoppia a ridere:

— Se proprio come tutti gli uomini!

Faccia numero uno: gioia esaltata:

— Davvero? Grazie!

— Non era un complimento. Adesso vado a mettere a posto le cose collɛ marzianɛ incazzatɛ. Rimani qui così evitiamo che tu faccia altri casini.

— Prometto.

Infatti è lì, un’ora dopo, un passo davanti a lei di fronte alla delegazione marziana, e hanno anche litigato perché lui voleva presentarsi col fucile.

sette

Sono vicinɛ a Kraag e le sirene continuano a urlare, ma meno, ci sono pocɛ marzianɛ, e quellɛ presenti impugnano armi spaventose. Fanno muro spalla a spalla impedendo allɛ terrestri di avanzare, anche se Samantha lɛ ha imploratɛ di poter parlare con Kinniku King, la persona che può scatenare l’arsenale nucleare contro la Terra.

All’inizio sembra che non debba succedere nulla, poi all’improvviso viene annunciato l’arrivo del re.

Samantha si volta verso Biggìm:

— Sai che mi hanno detto che a Kraag stanno facendo un casting per un film su di te? — Domanda con noncuranza.

— Dove? Ah, sì, la Città Sotterranea K… Davvero?

— Certo.

— Aspetta… non è un trucco per non avermi tra i piedi?

— Potrebbe, ma sei sicuro di voler rischiare che uno di loro ti impersoni su un film sul loro primo contatto con una civiltà aliena?

— Oh, no, certo che no.. Ma… ma lɛ alienɛ non sono loro?

Samantha rotea gli occhi:

— Per loro siamo noi lɛ alienɛ. Invasorɛ.

— Quindi io sarei il cattivo?

L’umana sta perdendo la pazienza:

— Sì, ma se riesci a infilarti nella produzione potresti parlarne con lo sceneggiatore, magari cambiano i dettagli.

Le prende i polsi indossando la faccia numero uno, “gioia esaltata”:

— Farò così, grazie mille!

E corre in direzione del centro di Kraag. Si volta solo per aggiungere urlando:

— Non fare danni!

E nel momento in cui scompare, Samantha sente il livello di stress calare.

Il livello di stress risale all’improvviso meno di un’ora dopo quando Biggìm compare nella folla policroma dellɛ marzianɛ, il discorso della scienziata inciampa per un attimo nella prospettiva di evoluzioni drammatiche della situazione, ma poi vede la faccia “impegno concentrato” e inizia a sperare che lui possa fare l’unica cosa che non crei problemi: non agire. Lo guarda per un attimo, sospira e stringe le labbra, poi riprende il suo discorso:

— Ecco, maestà, è vero: abbiamo sbagliato, ma noi siamo così. Di polimeri o di carbonio, siamo comunque umanɛ, e lɛ umanɛ sbagliano. — Lancia uno sguardo verso Biggìm che fa un gesto che potrebbe essere un gesto di incoraggiamento oppure un atto masturbatorio a seconda che si intenda la mano chiusa oppure no — Ma non cresceremmo e non impararemmo ad essere migliori se venissimo combattutɛ o lasciatɛ a noi stessɛ. A nome del mio popolo quindi vi chiedo di aiutarci a diventare una civiltà migliore, di venire sul nostro pianeta a educarci, di smentire tutta la narrativa guerrafondaia che abbiamo nei secoli associato all’incontro tra civiltà. E… so per certo che non saremo allievɛ facili, siamo molto diversɛ l’unǝ dall’altrǝ e ci facciamo ancora la guerra e siamo ancora impantanatɛ in un disperante ed egoistico capitalismo. Ma se io sono riuscita a non fare a pezzi il mio collega action figure, c’è speranza… Vedete, non siamo molto diversɛ da quel che eravate voi prima del Balzo Di Civiltà, e potreste permetterci di farlo prima, evitando tanta sofferenza e arricchendovi da subito del buono che possiamo offrirvi con le nostre differenze. — Sospira. — Vi prego, per tuttɛ coloro che sulla Terra amano la pace e le regole quanto voi, aiutateci a diventare come voi.

Kinniku King la guarda dal basso in alto senza reagire. La sta valutando, sa che dellɛ due è quella dotata di cervello (in senso letterale), ma anche che è lei che, proprio grazie al suo cervello, potrebbe tentare di ingannarlo.

Lei lo guarda, stringendo le labbra.

Lui regge il suo sguardo.

Biggìm fa uno sforzo sovrumano per non dire niente, perché sa che se anche solo aprisse bocca lei potrebbe smontargli la testa e metterla sotto i reattori del razzo in partenza. Sarebbe un peccato perdere una persona così straordinaria.

Kinniku King sospira e dice:

— Va bene. Ma lavi tu i piatti per una settimana.

Samantha salta di gioia, mentre Biggìm ricorre alla sua faccia “rabbia belluina”, anche se non è davvero belluinamente arrabbiato:

— Ma… come, tu vivi insieme al re?

Mentre ancora maltrattiene la propria gioia, la dottoressa Butler allarga le braccia:

— Ho scoperto che il modello di famiglia poliamorosa è quello più comune qui, e mi sono adattata.

Biggìm si esprime con la faccia numero uno, “gioia esaltata”:

— Sei piena di sorprese, dottoressa.

Samantha capisce che non è proprio gioia, ma sorpresa, e orgoglio; prende il suo compagno di spedizione per un polso e gli dice:

— Torniamo al razzo, ora tocca a te.

Lui mette la numero sei, “calma concentrata”, ma si lascia trascinare senza fare domande.

Il tono di voce del responsabile alla Bravestarr, che li accoglie alla sala di comando, fa pensare a qualcuno che si sta pisciando addosso dopo una lunga attesa, ma loro lo ignorano.

— Io ho fatto la mia parte. Ora, — Samantha alza un dito, — tu devi tornare sulla Terra. — Biggìm mette la faccia numero tre, “viscerale disperazione” ma lei non si fa impietosire — Oppure puoi invitare qui il tuo tra-virgolette-amico Adam.

— Adam? Che cosa c’entra Adam adesso?

— Ti ama, scemotto. E se c’è qualche possibilità che tu maturi è solo attraverso un impegno serio con qualcuno che prende seriamente le cose.

— Adam? E poi ci sei già tu che prendi sul serio le cose!

— Ma io non ti sopporto abbastanza da starti vicino. Chiama Adam, fidati. Hai bisogno di qualcuno che ti ami.

— Ma… Adam? Sei sicura? Guarda che lui ha già un altro, Him-man o qualcosa di simile…

Samantha alza gli occhi al cielo.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.