Una pausa
Dopo tre anni in cui mi sembra di non aver fatto altro nel mio tempo libero, mi sto prendendo una pausa dalla scrittura di testi lunghi.
Finché ci riesco, seguo progetti più piccoli: sto scrivendo alcune puntate per un podcast che farò con gente dell’associazione di giochi di cui sono socio (gli RBB di Chivasso, se sei in zona vieni una volta a giocare con noi! Chiamami che organizziamo!); sto raccogliendo idee per un libro di test, sto lavorando all’ennesimo gioco da tavola e sto iniziando a preparare delle microavventure (45 minuti di gioco puro) per Paleomytics, un gioco di ruolo Stone and Sorcery a suo tempo consigliato su patreon da Davide Mana.
E poi, qualche giorno fa, ho aperto il mio Google Foto e ho scoperto che ho salvato 1500 fotografie, negli ultimi 11 anni.
Milleecinquecento.
Cioè, io cerco sempre di fotografare il meno possibile…
Il pensiero, per me, è intollerabile, e non saprei neanche spiegare perché. Credo perché l’idea di scorrere milleecinquecento foto è improponibile, e avere qualcosa che non posso usare mi sa di spreco, ma non sono sicurǝ.
Quindi, poiché spesso faccio foto in blocco, e che spesso gli insiemi hanno un senso ed esercitano fascinazione in quanto insiemi, come ha dimostrato l’esperimento del murale di 13 metri quadrati che ho fatto nella vecchia casa di Castagneto, ho deciso di spostare qui su medium qualcuno di quegli insiemi.
In questo post voglio condividere con te alcune foto che ho scattato nel meraviglioso Museo della Scrittura Meccanizzata, che ti consiglio di andare a visitare la prima volta che capiterai a Trani (e ti verrà molto facile se, come è successo a me, la basilica sul mare sarà chiusa per restauro mentre il castello svevo sarà inaccessibile fino a mercoledì perché non c’è personale).
Poche parole, tante macchine per scrivere (ma dal vivo sono un’altra cosa), potrebbe piacerti.
Mi sarebbe piaciuto mostrarvi di più: le Adler, le Mercedes, le Triumph, le Woodstock, le altre Hammond, le Stainsby Wayne per scrivere in braille, le Tachotype per la stenografia, le Swintech con il telaio trasparente per impedire che lɛ detenutɛ non vi nascondessero cose (erano usate nelle carceri negli anni ottata, se ne vede un pezzo a sinistra nella foto della Royal Silver-Seiko qua sopra), la Olympia Robust prodotta nel 1941 in Germania che con il tasto del numero cinque scriveva anche il simbolo delle SS, le altre macchine giocattolo (Marx, GSN Junior, Tom Thumb in quel verde che io poi avrei indelebilmente associato alla mia prima Olivetti 32) e la Simplex, le Canon e le Brother e, soprattutto TUTTE le Olivetti (dalla M1 del 1911 alla M20 Ruys per il mercato olandese alla Studio 42 all’Olivetti Prodest del 1987, che non è più una macchina per scrivere, ma insomma, è sempre nel nostro cuore boomer).
Ma ti accontenterai.
Il prossimo post, sui manifesti delle ultime elezioni per il comune di Torino.
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Giochino: quali due segni piuttosto frequenti siamo abituati a vedere sulle tastiere di oggi e che invece in questa carrellata vediamo solo nell’ultima macchina per scrivere?