Panorama letterario
Settimane fa, mentre accompagnavo il cane nella sua passeggiata nei boschi con la scatola cranica tempestata da pulsazioni dolorose (niente COVID, puro e semplice stressa da weekend-in-cui-tirare-il-fiato), ho finalmente risolto un problema cui lavoravo da tempo: elaborare un criterio utile a distinguere in maniera sensata fantasy e fantascienza.
Il mio criterio mi ha poi portato, come spesso mi succede, a deragliare col pensiero; solo che di solito mi perdo tra dettagli sempre più insignificanti, questa volta invece il deragliamento mi ha indotto a guardare le cose dall’alto, in una prospettiva più generale possibile. Visto che Medium è diventato il bacile nel quale raccolgo stimoli di riflessione endogeni ed esogeni, ecco qui un abbozzo delle linee generali di una teoria della letteratura.
Una sola domanda: perché?
Le teorie della letteratura non servono al mercato, o almeno non lo sono servite finora: per esempio quello che hanno scritto Wellek e Warren, Bachtin, Bottiroli o De Sanctis non è mai finito sugli scaffali di una libreria LaFeltrinelli o di un Mondadori Store (ci sono finiti i libri, ma non le idee), né in un articolo giornalistico. Negli articoli di cultura troviamo etichette da eritema nervoso come Science Fantasy, che stanno giusto un passo indietro a certe categorie di Netflix (“Film avvincenti”, “Serie seriali”, “Cortometraggi per il martedì”).
Le teorie della letteratura hanno due sole utilità:
- servono ai teorici e alle teoriche (che usano la teoria per fare altra teoria) e
- servono aǝ letteratǝ (che usano la teoria per fare pratica).
In altre parole, la teoria della letteratura sta alla produzione letteraria come la ricerca di base sta alla ricerca applicata: serve a chi crea la letteratura per creare letteratura più consapevolmente.
Come se non fosse possibile, dirai, scrivere dei libri bellissimi senza avere idea neanche di che cosa sia una teoria della letteratura. Illusǝ: puoi fare bricolage ad alti livelli, ma finché non impari qualcosa a livello sistemico sul legno o sugli strumenti (finché non impari quale legno va meglio per un certo tipo di oggetto o quale lama scegliere per un certo tipo di taglio) non sarai mai niente di più che unǝ bricoleur, anche se ti pagano per farlo. E guarda che non è una metafora: parla con quellǝ che conosci che fanno una meravigliosa libreria o un letto a soppalco perfetto o che intagliano un fauno in un ceppo e scoprirai che anche se magari non hanno trascorso anni all’Università di Falegnameria di Olmowarts, sanno distinguere tipi diversi di cesello e di trapano, di colle, di incastri e di legni. Sanno anche come organizzare un piano di lavoro e quali fornitori sono più affidabili.
Nel momento in cui sei in grado di confrontare più cose diverse e di gestire il tuo flusso di lavoro, sei in possesso di una conoscenza sistemica ed è questa conoscenza sistemica che rende possibile, anche se non è sufficiente, il salto.
E vale per tutto: sei fai grafica conoscerai a livello sistemico strumenti e tecniche per la grafica; se coltivi, conoscerai strumenti e tecniche per l’agricoltura; se costruisci case o microprocessori conoscerai quello che ti serve per fare bene il tuo lavoro. Gli strumenti per fare letteratura (e narrativa) sono idee sulla letteratura (e sulla narrativa), almeno sulla letteratura e narrativa del tuo genere.
Vabbè, capito, adesso facciamoci male
Il presupposto fondamentale è che quasi tutta la comunicazione è fiction, le uniche cose che se ne sottraggono sono quelli che i linguisti chiamano atti performativi: contratti, promesse, giuramenti (e in minor misura: banconote, assegni, lettere d’amore, asserzioni e terminologia metalinguistichǝ).
Perché? Perché se io riporto parola per parola il messaggio di qualcuno, sto comunque creando una riproduzione verbale della realtà (seppure di una realtà verbale). Se io descrivo il funzionamento di un turbina, la mia descrizione non è la turbina. Quindi è fiction.
E perché una promessa non funziona così? Facciamola facile: la parola cane non è un cane, è una parola. Una promessa è un atto linguistico che definisce come funzionerà un pezzo di mondo extralinguistico (anche se viene disattesa o infranta). In questo senso dire “sto chiudendo la porta” e “prometto che chiuderò la porta” sono atti linguistici profondamente diversi: una descrizione (fiction) e un impegno a cambiare il mondo (un atto di realtà).
Se tutta la comunicazione è fiction (cosa che già Todorov e Borges+Bioy Casars, mi pare, avevano detto… sono sul solco di una tradizione importante!), abbiamo bisogno di distinguere i vari tipi di fiction e in primo luogo ha senso distinguere sulla base di differenze formali la saggistica, la poesia, la sceneggiatura e la narrativa.
All’interno di questa distinzione formale, bisognerà individuare (a un livello più superficiale) la fiction che descrive fenomeni, quella che riproduce eventi storici reali oppure verosimili oppure immaginari, quella ambientata ai giorni nostri, quella che racconta la vita di una persona, quella che ha per scopo spaventare, quella con le astronavi, quella con le spade, quella con la magia e via discorrendo. Ma è chiaro che le differenze a livello superficiale non sono un buono strumento: posso avere gialli con cappa e spada e fantasy con le astronavi (hai davvero pensato a “Spelljammer”? Wow, la nerdezza scorre forte in te!).
Nel mio universo letterario esiste una dicotomia profonda che sovrasta tutte le differenze superficiali che ho appena indicato, esistono fiction:
1) in cui il come funzionano le cose è un motore della comunicazione;
2) in cui il come funzionano le cose non è un motore della comunicazione.
Saltando a piè pari tutte le implicazioni e conseguenze di questa distinzione: la fantascienza sta nel primo tipo, il fantasy nel secondo.
Cos’è un “come funzionano le cose”?
Di solito, nella narrazione ci sono molti “cosa” e “chi”, diversi “quando” e “dove”, spesso dei “perché”. E, ovvio, ci sono anche dei “come”, ma a me interessano dei “come” particolari: i “come” che devono essere spiegati perché non si accontentano di essere descritti.
E come sai se ti stanno spiegando come funziona qualcosa oppure se te lo stanno descrivendo?
Voglio dire: è fantascienza perché non è vera: a un certo punto la spiegazione deve fermarsi perché quelle cose lì non le abbiamo ancora inventate. Tipo.
Giusto, bravǝ, bravǝ. Ma è lo stesso facile: è una spiegazione se esiste una catena di connessioni causali che ti portano da lì a quello che succede.
Esempio (SPOILER ALERT!): in Arresto di sistema di Charles Stross (2007) sono diffusi gli Augmented Reality Games, che per le loro caratteristiche si prestano per essere usati dai servizi segreti per far compiere semplici missioni a persone qualunque che credono di giocare, quindi a un certo punto a un personaggio viene chiesto di recapitare un pacchetto dal punto A al punto B in un certo modo e a certe condizioni; in conseguenza a questa consegna, si verificano degli eventi… ecco: c’è una concatenazione di elementi che definisce il funzionamento di una parte di mondo: ti stanno spiegando qualcosa.
Invece è una descrizione se la mamma dice a Cappuccetto Rosso di andare a portare il cestino alla nonna malata e Cappuccio incontra il lupo, poi il famelico canide estorce con l’inganno l’indirizzo della vegliarda e si presenta per primo a casa sua eccetera eccetera eccetera.
Vedi anche tu la differenza? Le connessioni causali servono a spiegare un funzionamento, la descrizione non presuppone una comprensione: è un’ostensione ordinata.
Come vedremo parlando di Guerre Stellari, esistono delle limitazioni a questa definizione (non tutte le catene causali sono ugualmente valide).
E come sai se qualcosa è un motore della narrazione?
Più facile: se un’altra spiegazione non potrebbe dare gli stessi risultati, allora quel qualcosa è il motore di quella narrazione.
Quindi ecco: è fantascienza se c’è una connessione di nessi causali che determina le caratteristiche specifiche della narrazione… hey, ma questa è la definizione del giallo! Hai ragione. Infatti,
nell’universo in cui tutta la narrativa è fiction, i gialli sono tutti fantascienza (e le storie d’amore sono fantasy, ma non tutte).
Poiché io ho sempre bisogno di mettere alla prova quello che penso, ho provato a mettere alla prova questa distinzione con qualche testo, ma attenzione: niente di ordinato: son partito da dove avevo voglia e mi son lasciato trascinare da connessioni libere.
Guardiamo insieme cos’è successo:
- Ho iniziato, per farmi le cose facili, con due testi in cui il dispositivo tecnologico è davvero profondamente centrale: in Folli di Pat Cadigan (1992) tutto è basato sull’idea che anche le personalità possono essere travasate da un corpo all’altro (l’idea ti piace? Leggi qui!) e su questo assunto viene costruito un giallo; allo stesso modo, o quasi, i mod che ti permettono di acquisire capacità, conoscenze e atteggiamenti di When Gravity Fails di G.A. Effinger (1987). In entrambi questi romanzi abbiamo dei “come” (sequenza di nessi causali che partono da elementi dell’ambientazione) che determinano certi tipi di evento. Se invece del software avessimo degli incantesimi che spostano le anime? Ecco questo è importante: avremmo comunque dei romanzi di FANTASCIENZA, perché l’opposizione tra software e magia è solo superficiale;
- Blade Runner (romanzo, 1968) mi ha dato da pensare perché non si spiega come funzionano i modelli Nexus: l’elemento fantascientifico più evidente (i robot) sono solo un aspetto superficiale della storia, una scusa per parlare del confine tra cos’è e cosa non è un essere umano. Cioè: la parte apparentemente fantascientifica, i robot, è giusto uno strumento per raccontare l’istinto di sopravvivenza e alcuni comportamenti più umani di quelli umani e sulla base di questo confronto innestare sia la narrazione principale (ritiro delle pelli e natura di Deckard) che il subplot romantico/familiare che quello relativo agli animali domestici. Il come-si-comportano i robot è quello che ci interessa e ci è richiesto di capirlo per capire il romanzo. E questo è il motivo per cui BR è il mio romanzo non disegnato di FANTASCIENZA preferito;
- il mio romanzo disegnato di fantascienza preferito è invece Nausicaä della Valle del Vento (1982–1994), in cui il come funziona e come si sia generato l’ecosistema della Giungla Tossica e qual è il ruolo degli Ohmu è certamente un motore dell’azione. FANTASCIENZA;
- e parlando di ecosistemi e di vermoni, la mente non può non andare a Dune (1965) in cui se anche non si spiega come funziona la Spezia (il petrolio psichico necessario per fare i viaggi galattici), invece si parla tanto dell’ecosistema di Arrakis (che suona tanto come Iraq) e di come questo abbia forgiato i fremen. È vero che c’è un messia con poteri paranormali e un deserto, ma uno dei motori della narrazione è il modo in cui funziona Arrakis, quindi FANTASCIENZA;
- okay: messia, poteri e deserto: il Nuovo Testamento (51–96). Nessuna spiegazione, nessun “come” utile a muovere l’azione, pura assiomaticità. FANTASY.
- se parli di religione, be’, c’è almeno la trilogia Queste oscure materie (1995–2000) con i cattivi che sembrano la versione steampunk dell’inquisizione cattolica. Pullman erige un edificio molto interessante, ma pare assolutamente dell’idea di non rivelare nulla sul come funziona la Polvere o il rapporto con i daimon e, per la mia sensibilità, è proprio questo non voler sconfinare nella fantascienza ragionando però sulle cose che rende la sua trilogia uno degli esempi di FANTASY di più alto livello in circolazione;
- nella stessa Inghilterra in cui si avvia l’avventura di Lyra Belaqua (la protagonista del primo volume di Queste oscure materie), si svolge Il caso Jane Eyre (2001) in cui uno scienziato pazzo scopre come andare nei libri, letteralmente. C’è di tutto: il regno dell’oscurità con i suoi abitanti (vampiri, licantropi, spettri), i viaggi nel tempo, superpoteri, ucronia, una dittatura, manipolazioni genetiche e un po’ di altra scienza pazza, che rendono questo libro (e i tre che proseguono la storia) un giocattolo esilarante. Il Portale della letteratura funziona grazie ai tarli bibliofili e ha delle regole ben precise (poi dettagliate nei romanzi successivi), ad esempio: se entri in un libro e rapisci la protagonista, la protagonista scompare da tutte le copie basate su quell’edizione (e i gli altri personaggi si arrovellano su dove sia finita la protagonista), se lo fai nel manoscritto originale, la protagonista scompare da tutte le copie del libro. E poi le macchinazioni di Acheron Hades vengono infine spiegate, quindi: FANTASCIENZA;
- visto che ho menzionato i viaggi nel tempo (essenziali per descrivere il rapporto tra Thursday Next e suo padre), mi è venuto in mente La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo (2003), in cui il come avvengono i viaggi nel tempo (in maniera disordinata e incontrollata: in questo caso i nessi causali sono atemporali) è esattamente il motore della storia d’amore tra ǝ protagonistǝ: ecco una storia d’amore che è pure FANTASCIENZA;
- e ancora sui viaggi nel tempo, non posso non menzionare due capisaldi della cinematografia degli anni ottanta che hanno impattato violentemente sull’immaginario di quelli che come me erano giovini imberbi all’epoca. Il primo è Ritorno al futuro (1986): spiegazione ad usum Delphini della teoria della Scuola di Copenhagen, fotografia da cui scompaiono ǝ giovani McFly: il come avvengono le cose è certamente un motore dell’azione: FANTASCIENZA;
- il secondo è Terminator (1984), dove il T-1000 non sa quale Sarah Connor deve uccidere perché nell’apocalisse si sono perse le anagrafi ma sa che deve ucciderne una perché è la madre del capo della resistenza ed è tosto da buttare giù perché è una tecnologia più avanzata rispetto a quella disponibile. Il come è sicuramente il motore dell’azione (FANTASCIENZA!), anche se non prioritario rispetto alle mazzate, anzi mi chiedo se sia possibile un romanzo fantasy sui viaggi nel tempo; non mi ricordo se il gong magico di Amazon (1998) di Zuddas trasporta anche nel tempo o solo nello spazio (quello è sicuramente un teletrasporto FANTASY);
- e dall’ex senatore della California nei suoi tempi migliori alla categoria dei maschioni muscolosi il passaggio è breve, è il tuo turno He-man (1981)! Be’, qui abbiamo macchine volanti-perché-sì, attrezzi similtecnologici e una spada che ti cambia abito e acconciatura senza neppure la scomodità di cercare una cabina del telefono: ma queste cose le vedi tutte in azione, non c’è nessun bisogno di capirci qualcosa perché lo scopo e solo l’effetto wow, senza dubbio FANTASY;
- ma il più maschione più muscoloso di tutti è sicuramente Conan il cimmero (1932), che tutt’al più, in qualche caso, deve scoprire che cosa è successo molto prima, nella cittadella/torre/rovina/palude/oasi in cui si è ficcato, per portare a casa la pelle. Direi tendenzialmente FANTASY, ma alcune storie potrebbero essere sul filo. Annoto qui perché non ci ho pensato prima, che quando la valutazione conferma quel che già si sa (tipo che Conan è un eroe fantasy), è anche una conferma del modello;
- ma c’è un altro Conan, nel cuore dei veri nerd: quello che correva come un pazzo, sollevava macigni molto più grandi di lui e prendeva mazzate rialzandosi sempre, quello che si metteva (da solo) contro la città di Indastria per la salvezza della dolce Lana. Conan Ragazzo del futuro (1978), è una favola ecologica in tempi non sospetti: un mondo postapocalittico, questioni ecologiche ed energetiche al centro, navi volanti che funzionano con la stessa tecnologia che ha devastato il pianeta Terra (nel 2008!) e il ruolo di Lana, nipote dell’unico scienziato che potrebbe regalare le terribili bombe elettromagnetiche al dittatore Lepko. Ma c’è qualcosa di cui viene spiegato come funziona e che serve da motore per la narrazione? No, quindi (a differenza di quello che succede per esempio con Laputa, il castello nel cielo (1986)): FANTASY!
- Le astronavi e la piccola dittatura di Lepko, su un pianeta per lo più acquatico, sono lontane anni luce da Guerre stellari (1977–2005), dove tutto inizia su un pianeta arido, le astronavi vengono usate soprattutto per spostarsi tra i sistemi solari e l’imperatore assomiglia in modo inquietante a un ex papa: ma le differenze si fermano qui, infatti, a dispetto dei suoi elementi superficiali tipicamente fantascientifici, l’universo nato con una nuova speranza non si preoccupa di spiegare il funzionamento di niente e l’unica sequenza causale degna di nota è quella relativa al modo in cui il potere e le lusinghe del Lato Oscuro determinano la caduta di Anakin, che è il vero protagonista della storia. Ma se ammettiamo che tutti i moti dell’animo dei personaggi rispetto ai loro obiettivi contano come nesso causale, allora tutta la letteratura diventa fantascienza, il che è ovviamente inaccettabile. Quindi, al netto degli elementi superficiali tipicamente fantascientifici (poteri esp, astronavi, alieni), l’intera esalogia è FANTASY. Cosa sia l’ultima trilogia è difficile da dire, ma alcuni fan della prima ora non sono esattamente lusinghieri al riguardo.
- Se invece di guerre si parla di viaggi, come in Star Trek (la serie classica 1966–1969), le cose cambiano: ogni episodio, in fondo, è costruito come un piccolo “giallo antropologico”: Kirk e il suo entourage arrivano in un nuovo posto, incontrano un problema di solito dipendente da una qualche forma di alienità, devono risolverlo, raramente usando solo la forza: quasi ogni episodio è costruito grazie a una catena di nessi causali che lo rendono unico. FANTASCIENZA! (A pensarci bene, è proprio com’è costruito, per esempio, Il dentista galattico (1971), di Piers Anthony, in cui ogni nuovo problema odontoiatrico rappresenta un caso a sé… divertente, se ti capita);
- E se si parla di orecchie a punta, Il signore degli anelli (Romanzo, 1954–1955) racconta di viaggi, corruzione, battaglie. Non c’è alcun come che sia per se stesso un motore dell’azione: l’Unico Anello corrompe, ma non è necessario spiegare come, non esiste un come nel modo di comportarsi degli hobbit o dei nani o di Sauron che sia un motore dell’azione: gli hobbit sono semplici e resistenti, i nani burberi ma buoni, Sauron calza scarpe strette ed è sempre arrabbiato e questo è quanto. C’è una sola sequenza causale interessante: Gollum, reso schiavo dall’anello, esce dalla sua latebra speleologica, così svela chi custodisce il suo tesoro a Sauron e mette in moto le vicende che concluderà lui stesso cadendo nel Monte Fato con l’anello. Possibile che Il signore degli anelli sia più fantascientifico di Star Wars? No: siamo nella stessa situazione: si tratta di moti dell’anima che generano conseguenze, non di sequenze causali esterne ai personaggi. FANTASY;
- io quando saltano fuori i draghi penso prima a D&D, perché certe cose ti segnano, e poi al miracoloso inno nichilista de La figlia del drago di ferro (1994), un romanzo violento e visionario che ha allargato di molto la mia idea di fantasy. Se lo metto alla prova con questi criteri, devo rilevare che esistono molte descrizioni di come funziona il mondo, ma nessuna spiegazione: FANTASY;
- La mano sinistra delle tenebre (1969): un mondo alieno, un emissario che lo vede dall’esterno e anche dall’interno. Su come abbia effetti a livello sociale e psicologico la differenza biologica degli abitanti di Gethen si regge praticamente tutto il romanzo, e non solo: anche la procedura, spiegata e messa in discussione, con cui l’Ecumene propone ai nuovi pianeti di entrare a far parte della Lega di Tutti i Mondi è un potente motore degli eventi. Vale quindi la pena di generalizzare: qualsiasi storia che usi l’idea di alterità come motore della storia è FANTASCIENZA (per esempio Frankenstein (1816) lo è per questo, non per l’elettricità che rianima i morti) e la mia dimostrazione (interna al sistema) è…
- The female man (1975): quattro donne provenienti da realtà alternative diverse s’incontrano nel nostro mondo e nella nostra realtà. Questo difficile romanzo, che ho amato molto, è tutto giocato sul confronto tra differenti modelli sociali, quasi un Gedankenexperiment femminista. Di nuovo l’alterità, come Star trek e LMSDT (e come Binti (2015), così cito qui questa meravigliosa protagonista che cambia, cambia continuamente nella sua storia, con difficoltà diventa sempre altro, sempre cercando di mantenere i legami che la rendono ancora in qualche modo umana), quindi: FANTASCIENZA;
- La signora delle tempeste (1978): quando il mondo di Darkover, molto tempo dopo la colonizzazione umana, è ripiombato in un nuovo medioevo in cui le casate che reggono i vari feudi articolano complicate strategie per far accoppiare i loro membri più dotati di poteri magici, nasce la potentissima Dorilys, la cui triste storia coglie tutta la sfiga possibile, tra intrighi à la Gioco del trono, morti per sbaglio o sacrificio, Custodi nelle Torri del Potere che fanno un po’ di vabbé. FANTASY.
- Perdido street station (2000): qui la cosa si fa spessa, perché siamo in quello che ufficialmente è territorio del weird. E il weird, si sa, sfugge alle classificazioni (altrimenti non sarebbe weird). Ci ho ragionato un bel po’, ho fatto lunghi discorsi con me stesso (se non ti fosse chiaro: torna alla prima figura di questo post) domandandomi se la descrizione della struttura sociale di New Crobruzon (il setting proto-industriale e proto-fascista in cui ci sono sia la magia che la tecnologia del vapore) sia un motore dell’azione, se lo sia l’intelligenza artificiale che vediamo emergere nel corso della storia o se lo siano gli effetti della droga chiamata merdasogni sulle falene e poi delle falene sugli esseri umani (nel senso più lato possibile di questa locuzione) che vivono in questo romanzo. Il problema non è se siano motori dell’azione (lo sono) ma se sono descrizioni o spiegazioni. Una parte del racconto ha la struttura del poliziesco, e quindi ci starebbe con la fantascienza, ma la mia impressione di lettore è che si tratti più di una sequenza di svelamenti che di una struttura che viene ricostruita, che quindi anche quella parte sia più una descrizione che una spiegazione. Magari il criterio va ancora raffinato ma per ora questo bellissimo romanzo è: FANTASY;
- Il colore della magia (1983): visto che tutto viene ricondotto all’ottarino, il colore che non sta nello spettro visibile, apparentemente qui ci troviamo nel regno del fantasy più puro, eppure… eppure in questo libro si racconta in continuazione (tra una citazione e l’altra, ne è ricchissimo: da Fafhrd e il Gray Mouser a Star Trek, dai dragonieri di Pern a Chtulhu) come avvengono le cose: le divinità che giocano con gli umani, la struttura del mondo disco, lo smaltimento dei libri magici esausti, l’immaginazione dei dragonieri di Wyrmberg, le ricerche dei Krulli… è come se il piacere di mettere dietro a qualcosa sempre una spiegazione, per quando paradossale, ci portasse fuori dal genere apparente. Stavo per scrivere che non ricordavo sequenze causali più complesse di “è x perché 4”, ma mi è venuto in mente il motivo per cui Ankh-morpork prende fuoco, e poi mi pare di ricordare qualcosa in una casa/dimora con una divinità malvagia che ricordava i Grandi Antichi e che anche lì mi pare che ci sia una sequenza causale interessante. Quindi, contro ogni aspettativa: FANTASCIENZA;
- E a proposito di science fiction mascherate da fantasy, sul ciclo di Randall Garrett centrato sul personaggio di Lord Darcy (per esempio nel libro La stanza chiusa, 1968) arrivo secondo, perché già gli o le editor di Urania avevano correttamente etichettato questi gialli-con-magia come FANTASCIENZA;
- E se si parla di maghi e magie, non si può più evitare di parlare di Harry Potter. Nella saga in questione (1997–2007) esiste una sequenza di nessi causali molto importante: la predizione riguardo Tom Riddle fa sì che lui “crei” il proprio nemico, Harry. Ma, ormai sarà chiaro, stiamo parlando dei personaggi che con le loro azioni generano effetti. Mi sono interrogato ma lungo sia sugli Horcrux che sui doni della morte, e non sono riuscito a rievocare sequenze degne di nota (ma diversi spunti, per esempio quello riguardo al titolo di proprietà della bacchetta che non può essere sconfitta), quindi, senza pretendere di non cambiare valutazione, continuo a pensare che sia FANTASY.
- Se invece cerchiamo libri fantasy mascherati da libri di fantascienza, credo che basti guardare nella direzione della protofantascienza (il Verne de L’Isola misteriosa (1875) o di Viaggio al centro della Terra (1864)) o della fantascienza di inizio novecento, quella di Bourroghs, per intenderci, in cui John Carter di Marte (1912) o Carson di Venere (1934) sono semplicemente trasferiti su altri pianeti dove la differenza dagli altri esseri viventi è soprattutto una scusa per dare mazzate in modo diverso. Dovrei inoltre ripassare, ma secondo me anche il cane intelligente Sirius (nel romanzo di Olaf Stapledon del 1944) è più un dispositivo per innescare e raccontare una storia che un come che ha un reale peso: come il cane si evolve non ha effetti al di là dell’evoluzione in sé (non è l’elemento attivante di una catena di nessi) e il cane non mi pare sia lo strumento per intavolare una discussione sulla differenza tra umani e animali. Quindi, finché la mia memoria non viene corretta: FANTASY.
E allora? (Come mi chiedono quelli che credono di essere simpatici)
Per me questa definizione è stata un’occasione per pensare a due generi che frequento da un po’ di anni in modo diverso dal solito.
Mi ha permesso per esempio di formulare un’idea che avevo già prima, e cioè che per me fantasy e fantascienza rispondono a due tipi di piaceri diversi. Il piacere è una cosa complessa, ma i lettori e le lettrici di fantascienza troveranno maggior piacere (indipendentemente, forse, dal vestito che si mette alla narrazione) nei testi che offrono una componente analitica, mentre le lettrici e i lettori di fantasy trarranno maggior piacere dai testi che offrono una componente sintetica (anche se non lo si direbbe a giudicare dai tomi che fagocitano) che nella sua forma più estrema diventa assiomaticità.
Boh, se ti capita, pensaci anche tu e, se hai obiezioni o controesempi, io sono sempre qui. ;)