Il senso di questa immagine (presa da qui) risulterà chiaro alla fine della lettura del post.

Un quadro interpretativo

in cui si parla di tredicenni, sesso, poste, tempo e scuola

Adri Allora
8 min readDec 22, 2021

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Sesso

Mattina, in macchina verso scuola, sono con la secondogenita che si dichiara stupita perché un suo compagno di classe (13 anni) vede Sex Education, quindi iniziamo a parlare di prodotti cinematografici con rappresentazioni di sesso.

Tra gli altri motivi per cui Sex Education mi piace è la prospettiva non abilista

E ne viene fuori un quadro interessante.

Ci sono due tipi di rappresentazioni del sesso: la rappresentazione del sesso fine a se stessa (sesso estetico) e la rappresentazione del sesso per parlare d’altro, tipicamente delle relazioni tra le persone purché queste relazioni non siano limitate al sesso (sesso sociale).

Possono esserci bei film/belle serie in una categoria e anche nell’altra.

Possono esserci film e serie con tanto o poco sesso in una categoria e anche dall’altra.

Ne viene fuori uno schemino come quelli che piacevano tanto ai semiologi che ho studiato all’università, i Greimas, i Floch: un quadrato diviso in quattro quarti, le righe centrali sono assi cartesiani:

  • per le y, tanto sesso sopra, poco sesso sotto;
  • per le x, sesso estetico a destra e sesso sociale a sinistra.
Usa Photoshop, dicono. Usa Gimp, dicono. Usa Word perdio ma basta con i tuoi innominabili sgorbi a mano libera!, dicono. Tzé.

Il vertice del quadrante 1 (tanto sesso estetico) è dato dai porno: tanto sesso, solo per il sesso.

Il vertice del quadrante 2 (tanto sesso sociale) è dato dai porno che parlano anche l’altro (ma ammetto di non averne mai visti). Forse una parte del postporno, che problematizza e che mette al centro della scena corpi non stereotipici, non lo so.

Nel quadrante 3 (poco sesso estetico) ci sono tutti i film in cui le scene di sesso servono solo ad abbellire (la scena comica basata sul sesso o sulla nudità nell’ennesima commedia romantica, Conan che scopa con una prostituta in una locanda, la scena in un locale di spogliarelli nei polizieschi anni ottanta).

Nel quadrante 4 (poco sesso sociale) a me sono venuti in mente i film di rape revenge (scena di violenza sessuale all’inizio per giustificare poi almeno un’ora e mezza di pura e semplice violenza, ma sul tema rimando a questo bellissimo articolo di Manuela Stacca per la gente meravigliosa di Edizioni Minoritarie) e quelli su rapporti sessuali con conseguenze (gravidanze o MST/STD) che poi diventano il cuore del film (io ci ho messo Indiana Jones 4, ma so di aver barato).

Almeno NON SCRIVERE, dicono.

E mentre emergeva questo quadro interpretativo, mi rendevo conto che il motivo per cui l’ultima stagione di Sex Education mi aveva lasciato così indifferente era che la serie si era spostata nel quadrante 2 (tanto sesso grazie al quale si finiva a parlare della relazioni, dei rapporti tra i generi e con il proprio corpo) verso il quadrante 1 (tanto sesso che descrive dei momenti di relazioni, ma che non è più motore della riflessione quanto risultato dell’azione: in parte, la solita commedia romantica moderna).

Fin dove sono arrivato io Harlem si sposta invece dal quadrante 2 al quadrante 4 (mi pare che ci sia meno sesso).

E si potrebbe continuare: The Witcher è a cavallo dei quadranti 1 e 3; Brooklin 99, Bull e Arcane sono nel quadrante 3 eccetera.

Creare categorie e metterci dentro prodotti culturali è un giochino che mi piace (e che spero di far apprezzare anche allɛ miɛ figliɛ) e potrei continuare a lungo.

Poste

Il punto è che a un certo punto sono scivolato dall’autocompiacimento per un buon schema interpretativo (ancorché di ristretta applicazione) al pensiero di quello che qualche giorno fa ho sentito mente ero in coda all posta, dove la coda procedeva lentamente e il solito crocchio improvvisato di vecchietti facinorosi ha iniziato a lamentarsi, nell’ordine:

  1. dei computer (quando non c’erano s’andava più veloci);
  2. delle impiegate (che non sono mai preparate, dovrebbero fare corsi d’aggiornamento);
  3. delle nuove procedure (come il bigliettino numerato: una volta non c’erano e si viveva meglio)

senza guardare a più di un palmo dal proprio naso e considerare invece che:

  • la coda andava lenta perché c’erano solo due sportelli aperti su sei;
  • le due impiegate che non erano allo sportello stavano smaltendo altro lavoro burocratico;
  • il vero motivo per cui eravamo fermi era quindi che anni di tagli alla spesa pubblica comportano una riduzione dei servizi inessenziali come una posta di qualità;
  • probabilmente loro avevano votato alle ultime elezione qualcuno che aveva promesso di tagliare le tasse (e quindi la spesa pubblica e quindi i servizi inessenziali e quindi il loro tempo).

Per arrivarci bastava disporre di uno schema interpretativo più ampio del io-qui-adesso.

Che poi anche la gente allo sportello, a fronteggiare da sola le maree umane di utenti infastiditi, non sta bene.

Schemi

Il punto è che gli schemi interpretativi si sono semplificati, nel corso degli anni, e la spiegazione delle cose è sempre cercata nell’immediato, che può essere un immediato fisico (vedo la sportellista e vedo la coda e la colpa è della sportellista) oppure epistemologico (nel senso di facilmente raggiungibile con le mie sole risorse: prendo poco in busta e ci sono gli immigrati, quindi è colpa loro che si fanno pagare di meno; oppure nel senso di presente tra gli schemi interpretativi che ci sono a portata di mano: rifletto anche solo sul fatto che la locuzione “Big Pharma” non è qualcosa che abbia inventato qualcuno che sta in questa nazione).

Ricorrere a schemi interpretativi semplificati va bene quando fai lo scemo (come nei miei post cospirazionisti) un po’ meno quando cerchi devi capire la realtà che ti circonda.

Perché? Mi vengono in mente almeno tre motivi:

  1. la risposta più semplice alla domanda “perché si sta verificando questa disfunzione?” di rado è qualcosa di utile per risolvere il problema (infatti il signor Ohno, inventore del Metodo Toyota, dice che bisogna chiedersi perché almeno cinque volte…. lo sanno anche lɛ bambinɛ con quei loro perché? e perché? e perché? e perché? e perché?…);
  2. le risposte semplici ti illudono di essere molto più intelligente e preparatǝ di quel che sei in realtà, perché difficilmente possono essere smontate altrettanto facilmente e velocemente perché le vere spiegazioni necessitano di inquadramenti generali e spiegazioni e dettagli e, a volte, passaggi logici;
  3. chi si abitua a darsi risposte semplici, si abitua a credere quello che gli o le dicono gli altri, soprattutto se quello che viene offerto sono altre risposte semplici.

Il nodo centrale è che le risposte semplici sono più “forti” delle altre, perché sono più veloci e le nuove tecnologie hanno rimodellato negli ultimi decenni l’intero universo comunicazionale all’insegna della velocità.

Non abbiamo più pazienza.

Siamo adusɛ ad ottenere tutto e subito.

Come una partita a un odioso finto-videogioco (vedi qui per i finti (video)giochi), ci basta una piccola scarica di dopamina subito (l’uovo oggi), purché sia continua. E le spiegazioni semplici possono essere continue perché non costa niente crearle dal nulla o riprenderle dagli altri, mentre le risposte giuste costano fatica anche solo al momento dell’esposizione, senza dover necessariamente pensarle.

È la strategia del sealioning, giusto?

Presa da Il maschio beta.

Scuola

Facciamo un altro passo avanti e torniamo indietro alla scuola, visto che questo post è partito in un viaggio verso la scuola parlando di una serie ambientata in una scuola.

Già, perché la scuola è all’interno di questa logica di semplificazione degli schemi interpretativi in più di un modo: innanzitutto la scuola è interpretata semplicisticamente dall’esterno:

  1. è molto probabile che anche prima la scuola venisse interpretata con alcune semplificazioni dalle famiglie, ma adesso è diffusa un’idea che toglie complessità: la scuola non è più gestita da docenti competenti e responsabili ma da incompetenti interessati solo a non avere problemi. Già solo il fatto che la scuola si riassuma nell’immaginario collettivo tutta nei suoi docenti, quando un pessimo dirigente o una segreteria didattica può condannare decine di studenti, è un grave indizio di semplificazione;
  2. le testate giornalistiche italiane e parte delle stesse forze politiche (tipicamente quelle all’opposizione per ragioni d’interesse, oppure le destre, perché le destre vedono come fumo negli occhi l’istruzione) hanno negli anni fatto del loro meglio per distruggere (togliendo fondi, mettendoli in mano alle persone sbagliate) e squalificare un sistema scolastico pieno di difetti ma ancora sorprendentemente vitale;
  3. gli editori di scolastica. Sappiate questo: agli editori non interessa fare dei buoni libri per la didattica (anche se ne fanno, di tanto in tanto, e anche coraggiosi, di tanto in tanto), interessa fare dei libri che si vendono. E sapete come si fa a far vendere i libri? Si fanno libri che lɛ agenti possono propagandare bene. Questo porta inevitabilmente a semplificazioni per il motivo espresso poco sopra: i messaggi semplici si comunicano in fretta (e lɛ agenti non possono essere espertɛ di tutto).

Tutte queste semplificazioni sono terribili nei loro effetti, ma non sono niente al confronto delle semplificazioni che la scuola fa dall’interno. Dall’interno? Certo: anche lɛ docenti sono persone immerse nello stesso universo e mood comunicazionale di tuttɛ lɛ altrɛ, quindi tendono a interpretare ipersemplificando. L’ipersemplificazione può avvenire:

  • a livello disciplinare (semplifichiamo la storia, semplifichiamo l’antologia, semplifichiamo le scienze… e lo strumento primo di propagazione della semplificazione sono i libri (vedi sopra quel che dicevo a proposito degli editori));
  • a livello delle procedure (qualcuno ha detto INVALSI? Già il solo fatto che sia stato interpretato come uno strumento per “distinguere scuole di serie A e di serie B” è una grave semplificazione) e dei metodi e degli strumenti funzionali al processo didattico (quantɛ docenti hanno fatto lezione frontale on line senza farsi domande sulla loro didattica? Tuttɛ quellɛ che continuano a essere utili solo a chi non ha bisogno di loro);
  • a livello di consapevolezza dei ruoli proprio e altrui (studenti, famiglie, personale amministrativo, editori, ministero): unǝ docente che crede che tutta la didattica pesi sulle proprie spalle finirà per fare danni al sistema scuola non meno di unǝ che pensa che niente dipenda dalla sua azione.
Quando inizi ad avere un buon schema interpretativo, vedi il mondo in modo diverso.

Quindi? Per concludere?

Quindi per concludere dovremmo fuggire dalle comunicazioni semplici ed esercitarci ad affrontare testi complessi, ostici. Puntare a uno slow reading/experiencing con lo stesso scopo con cui pratichiamo, quando possibile, lo slow food: ingredienti di buona qualità, con un impatto ambientale minore, garanzie in termini di diritti sul lavoro e, non è poco, un’esperienza (organolettica ma non solo) migliore di quella del cibo fatto per essere consumato di corsa o facendo altro.

Per cominciare, potresti regalare solo libri o giochi da tavola, per Natale.

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.