Il MIUR, la Scuola e l’Innovazione

Adri Allora
6 min readMay 26, 2021

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Al MIUR ci siamo andati come Maieutical Labs per una consultazione credo nel 2013 o 2014 (per dire: non esisteva ancora Alatin); era ministra Maria Chiara Carrozza e per tramite di un suo segretario stava convocando aziende che operavano nel mondo dell’istruzione per ricevere suggerimenti per “lanciare nel futuro la scuola italiana”. Era una bella idea.

Qui era un po’ dopo, inizio 2014.

Pieni di idealismo giovanile io, Matteo e Ivan avevano speso un po’ di giorni per stendere un piano che servisse a garantire un certo grado di interoperabilità tra le piattaforme del mondo della scuola e che creasse un mercato unico dei contenuti digitali editoriali. Ci avevamo messo dentro soltanto i costi vivi (costi vivi reali, non quelli del cugino del ministro che fa un sito per duecentocinquantamila euro: eravamo sui trentamila all’anno che coprivano praticamente tutto, dall’hosting alla sistemistica, dalla manutenzione alla gestione amministrativa all’assistenza. Sembrano tanti? Se c’è della gente che ci lavora, non lo sono) perché avevamo considerato che:

  1. il ministero non avrà tanti soldi per un progetto proposto da tre sciamannati, e comunque pagano a cinque anni, quindi tanto vale immaginare di perderli;
  2. per noi c’erano due vantaggi: il primo era che avremmo creato un mercato dell’editoria digitale, e questo era fondamentale per noi perché aspiravamo a diventare la più grande realtà di quel mercato; il secondo era che la piattaforma partiva dalle nostre architetture e tecnologie: anche senza far pagare niente a nessun altro, avremmo azzerato i costi di adattamento che invece ci sarebbero stati adeguandosi a un progetto altrui (eravamo convinti che sarebbe sorto comunque un simile mercato… ingenuotti!)

Fummo accolti dal Consigliere Personale per l’Innovazione della Ministra, il quale ebbe la straordinaria presenza di spirito di ridacchiare perché non c’era il wireless negli uffici del ministero.

Io di quell’incontro mi ricordo tre cose:

  1. ridacchiava. Io al suo posto di Consigliere per l’Innovazione sarei sprofondato per la vergogna. Infatti lui percepiva soldi dal Ministero ed era consigliere personale di una ministra, io lavoravo per davvero;
  2. per magnificare la memoria della sua assistente, la definì con mio sgomento il suo “repository biologico” e, ne ebbi la conferma una volta usciti, tutti e tre pensammo che se la scopasse senza profilattico e che se ne fosse vantato. Ma forse è solo un sostrato sessista di cui non riesco a liberarmi;
  3. dopo l’incontro chiacchierammo con un dipendente a tempo indeterminato del ministero, un quadro, che ci rivelò la verità:

“il ministero non farà mai niente per l’innovazione, perché è al centro degli interessi di tre forze: i ministri e i loro entourage non vogliono spendere nulla e vogliono risultati di brevissimo periodo, che siano spendibili alle elezioni successive; i sindacati sono delle consorterie che puntano a massimizzare i vantaggi degli insegnanti che non hanno voglia di lavorare a svantaggio di precari e persone armate di buona volontà; l’AIE vuole ridurre le spese dei propri membri editori di scolastica e ridurre le spese significa eliminare la ricerca”.

Ecco con chi ci eravamo confrontati. E con chi ci saremmo confrontati negli anni a venire.

Ed eccoli qui, gli anni a venire, eccoci adesso.

Come sai se leggi i miei post sull’innovazione nella didattica, a marzo 2020 (e poi anche qui) ho scritto che ci trovavamo di fronte a una straordinaria occasione per ripensare la didattica. Poi l’ho riscritto a novembre. Poi a gennaio. Poi a febbraio. Poi di nuovo a marzo. E potrei sottoscriverlo anche adesso se non che… il 20 maggio 2021 il ministro Patrizio Bianchi ha firmato con i sindacati il “Patto per la Scuola al centro del Paese”.

Io l’ho letto, ma partiamo da un dato: il “Patto per la Scuola al centro del Paese (ci son così tante maiuscole che potrebbe essere il titolo di un romanzo fantasy) vede la scuola come una questione di lavoro, di pubblico impiego, e non come scuola. Altrimenti a firmare questo patto sarebbero stati invitati rappresentati dellз presidi, dellз docenti, dellз studenti: sarebbe stata messa in mezzo la questione didattica. E invece no: i sindacati.

Lavoro, non scuola.

Lui è il signor Wolf, risolve i problemi. Va sempre bene, ma forse in questo caso non basta.

Ma andiamo avanti.

Nella prima pagina del documento si parla di:

  • visione strategica e responsabilità di uscire da questa situazione;
  • il futuro dell’Italia che sarà nelle mani dei giovani che oggi frequentano le nostre scuole (delle giovani no: evidentemente per MIUR e sindacati le donne non conteranno un cazzo nel futuro);
  • le istituzioni scolastiche che rappresentano il volano di crescita culturale ed economica;
  • un’occasione storica per ridare priorità alla scuola;
  • i fondi europei che ce lo permetterebbero;
  • la sfida a cui è chiamato il sistema educativo italiano: innovare l’esperienza vissuta dalla comunità educante;
  • nuovo modello culturale;
  • innovazione tecnologica.

Tutto nella prima pagina!

Poi sono passati alle questioni serie, e vediamo i punti uno per uno, giusto perché ci piace farci male:

  • nuovo personale: vabbé, è chiaro che ci sono troppз studenti per docente. Dovuto;
  • procedure di reclutamento più semplici: e siamo a due punti sul personale. Mah. E poi secondo me è una stronzata, anzi, le procedure di selezione devono essere fatte meglio, perché di docenti incapaci ce ne sono già adesso troppi (non tu, tu fai bene il tuo lavoro… dài, dì la verità: il problema non sono mai lз studenti, giusto?);
  • adeguamento degli edifici;
  • utilizzo più efficace delle risorse per contrastare l’abbandono e aumentare l’inclusività (avrei voluto metterti il testo per intero: un perfetto esempio di fuffa… davvero c’era bisogno di un tavolo con i sindacati per auspicare un “uso più efficace delle risorse”?);
  • garantire continuità dell’organico (e siamo a TRE punti sul personale);
  • rapporti migliori con università e centri di ricerca (già visto. Ci può stare, ma che c’entrano i sindacati se è veramente una questione soltanto didattica?);
  • potenziare la formazione iniziale dei docenti (QUATTRO punti sul personale. Poco lungimirante e in linea con l’idea scema di impoverire le strategie di reclutamento, ma può avere senso. Ma per come è formulato vale solo per i docenti maschi);
  • definire un sistema di aggiornamento del personale (CINQUE punti sul personale. Eppure possiamo essere speranzosi: magari si tornerà a un sistema nel quale la formazione del personale docente è un obbligo e non più un diritto — com’è ora, in accordo con i sindacati… ah, è per quello che lз docenti bravз si devono pagare da sé i corsi di formazione: perché è un diritto e non un obbligo);
  • corsi per dirigenti (SEI punti sul personale ma, devo essere onesto, mi ha molto impressionato leggere che qualcuno insegnerà qualcosa di didattica allз dirigenti. E mi fa paura);
  • percorsi formativi per il reclutamento (SETTE punti sul personale. In contraddizione con personale meglio formato all’origine ma vabbé);
  • rinnovo contrattuale (OTTO punti sul personale);
  • valorizzazione del personale (NOVE);
  • riconoscimento del personale (anche i dirigenti, meglio specificare)(DIECI);
  • rafforzamento delle istituzioni scolastiche nel Mezzogiorno (in particolare per contrastare l’abbandono scolastico — in parziale sovrapposizione sul poetico punto sull’uso più efficace delle risorse. Se non fosse un po’ generico sarebbe interessante, soprattutto alla luce del punto successivo);
  • rete di supporto all’autonomia scolastica (mi piace pensare che ai piani alti siano consapevoli del fatto che l’abbandono scolastico non è un problema della scuola, ma del contesto socioculturale che la ospita, e che quindi questo punto e il precedente vadano letti in coppia e che non siano fuffa entrambi);
  • rafforzare l’amministrazione di un’ottica data-driven (questo è interessante. Appena i sindacati capiranno cosa vuol dire si tireranno indietro con un unico balzo);
  • redazione di un Testo Unico sulla scuola (era ora);
  • aprire un confronto sulla mobilità del personale (UNDICI punti sul personale. Ragazzз, siamo a undici su diciotto punti: qui abbiamo chiare le priorità);
  • ridefinire le responsabilità sulla sicurezza degli edifici (apparentemente si tratta di edilizia, ma a ben guardare si parla di responsabilità, quindi: DODICI punti sul personale);
  • ripensare l’orientamento scolastico dal primo ciclo (ottimo, avevamo giusto bisogno di un sistema tipo quello tedesco dove prima di accedere alla prima elementare — di solito sulla base di censo e origine — già ti sanno dire se potrai andare all’università o il tuo destino sarà quello di una scuola professionale).
A volte sento di doverlo chiarire.

Dunque: spesso chi decide, quando parla di didattica, dimentica che l’obiettivo è il benessere presente e futuro delle e degli studenti (che in questo documento sono citati solo dove si fanno proclami altisonanti, sarà un caso?).

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Adri Allora

Linguist, entrepreneur (co-founder of Maieutical Labs), curious. I’m here on Medium mostly to learn, even when I write something.